L’unica Prima possibile. Chiamatela pure Scala-Sanremo
Anche se sarà un 7 dicembre stravolto dalla pandemia, si alzerà comunque il sipario del Teatro alla Scala di Milano, simbolo culturale dell’eccellenza italiana. Non sarà, come da tradizione, l’insigne serata che inaugura la stagione lirica con i melomani disposti a restare in coda venti ore per un biglietto o con lo stuolo glamour di vip talvolta un po’ eccessivo e in più di un’occasione contestato. Perché non può debuttare un cartellone che non c’è e non si può assemblare quando i teatri continuano a essere chiusi a tempo indeterminato.
Non sarà neppure un’opera a segnare la festa di sant’Ambrogio, come vuole Milano e come doveva essere. In ogni caso la Scala non ha rinunciato alla Prima, che in realtà non è la prima rappresentazione di alcun capolavoro lirico. Ma l’ha trasformata in una passerella di ugole d’oro e di étoile del balletto con una miscellanea di arie d’opera, sinfonie tratte da celebri melodrammi, passi di danza su musiche ben riconoscibili anche da coloro che hanno un orecchio non troppo avvezzo agli spartiti colti. Vuota la sala. Al posto del pubblico i tecnici della Rai con le telecamere che porteranno il gala in decine di Paesi.
Una serata nazional-popolare. Un “Sanremo” della lirica e della danza classica ribattezzato «A riveder le stelle»: auspicio di una riapertura (ancora senza data) dei teatri. In fondo chi non apprezza di ascoltare “La donna è mobile” tratta da Rigoletto e interpretata dal “tenorissimo” Vittorio Grigolo o di gustarsi una pillola dello Schiaccianoci, balletto natalizio per antonomasia? Non in diretta ma registrato, sarà uno show televisivo, come testimonia la conduzione affidata a Milly Carlucci e Bruno Vespa. Dietro c’è anche il business dei diritti tv venduti per il mondo e di un dvd in cantiere che può anche essere una boccata d’ossigeno per i conti della Scala. Qualcuno ha già storto il naso per la scelta del saggio sovrintendente alsaziano Dominique Meyer, salito al comando del Piermarini mentre scoppiava l’emergenza sanitaria, e del direttore musicale Riccardo Chailly, sempre pronto a mettersi in gioco. Ma la decisione della Scala è condivisibile.
Per un’ottima e semplicissima ragione: nel pieno del terremoto Covid è (quasi) impossibile mettere in scena un’opera senza mortificarla o stravolgerla o ridurla a macchietta (per quanto si vede sul palcoscenico). Pochissimi i casi riusciti in Italia: Zaide di Mozart all’Opera di Roma oppure Otello di Verdi al Maggio Musicale Fiorentino, seppur con lo strazio dei coristi obbligati a cantare con le mascherine. Per il resto si ricorre ad allestimenti minimali, che poi diventano sciatti, per le difficoltà di coinvolgere i laboratori scenografici e le maestranze del palcoscenico oppure si opta per le opere in forma di concerto, magari con orchestre e cori a ranghi ridotti. A tutto ciò si aggiunge la moda dello streaming.
Ma com’è possibile apprezzare una gemma della lirica sullo schermo di un computer o di un cellulare, con un audio che lascia a desiderare, forse anche con la connessione che va e viene? L’operazione ha una sua ragion d’essere per chi vive di musica: una rappresentazione significa un ingaggio (e quindi un’entrata) anche nel black-out della pandemia. Non vale lo stesso per il pubblico. A meno che non accada come all’estero dove ad esempio la Staatsoper di Vienna o il Met di New York possono contare su App ad alta qualità che entrano nella smarttv del salotto.
Eppure in questi mesi i due teatri si sono limitati a proporre via web il loro vasto archivio, con l’eccezione di qualche recital di canto live. In Italia il rifugio degli appassionati è Rai5, se e finché dura: soprattutto quando trasmette titoli di repertorio, ossia pre-Covid, con tutti i crismi di una produzione lirica. Tuttavia, come scrive Alberto Mattioli nel recente libro Pazzo per l’opera, nonostante lo streaming e la tv c’è oggi «ancora più fame di spettacolo dal vivo». Perché il teatro resta un’emozione da vivere non da soli ma insieme e poi perché è ritualità, celebrazione, comunità. Come sempre ha mostrato la Prima della Scala.