Chi sta con Dio. Il vero coraggio degli uomini di fede
Sulle nostre pagine di oggi sono registrate le testimonianze di due uomini. Di un sacerdote italiano da Mosul, e del vescovo di Bangassou, nella travagliata Repubblica Centrafricana. Le troverete tra le tante altre notizie del giorno: elezioni, Germanellum, taglio di posti di lavoro, i 13.600 cannoni di Kim Jong-un schierati contro la Corea del Sud. Ma queste voci dall’Iraq e dal cuore dell’Africa portano come un marchio diverso. Le si legge con crescente stupore. Don Luigi Ginami, presidente di Fondazione Santina onlus, va a Mosul da Erbil in auto con un accompagnatore, Ivan, per rendersi conto della situazione dopo la sconfitta del Daesh. Li fermano ai check point, Ivan toglie la sicura a un’arma nera che riluce nel cruscotto.
Il sacerdote la fissa con sgomento.
Entrano a Mosul e attraversano un povero affollato mercato. Il Daesh se ne è andato, ma alle finestre potrebbero esserci dei cecchini. I due entrano in una chiesa, la croce del campanile divelta, la porta cigolante e malridotta. Sussultano a ogni passo, ma questi sono bambini. Padre Ginami prende in braccio il più piccolo. Un’altra chiesa. Bisogna camminare con cautela, potrebbe esserci dell’esplosivo sotto al pavimento. L’altare è rimasto di nudo cemento, spogliato dei marmi. Il sacerdote lo ripulisce dalla polvere, dispone il pane e il vino. «Ci pensate? – scrive –. Gesù torna a Mosul». Forse la prima Messa, dopo la furia del Daesh. Un primo segno: i cristiani cominciano a tornare. Passi, di nuovo, di nuovo paura. È un giovane soldato. «Padre, sono cristiano, posso partecipare alla Messa?». Un lungo, interminabile abbraccio fra i due.
Da Bangassou invece monsignor Juan José Aguirre Muños, vescovo della città, racconta di avere accolto nella missione cattolica, fra le stanze del seminario e la cattedrale, duemila concittadini musulmani in fuga dai miliziani anti-Balaka che nei giorni scorso hanno attaccato il quartiere islamico della città, depredando e uccidendo. Questi anti-Balaka sono gruppi cristiani fondamentalisti, formatisi in reazione alle violenze perpetrate contro la popolazione cristiana dai Seleka, altro gruppo armato. Ma gli anti-Balaka ora, dice il vescovo, sono perfino più spietati degli avversari. E testimonia di avere assistito al rapimento di una madre di cinque figli, poi uccisa con i suoi bambini. Ti figuri l’inferno di una guerra civile africana, e questo vescovo che spalanca le porte della cattedrale ai musulmani in fuga, come un padre che apra le porte della sua casa.
Che storie vengono dal fondo di altri, imbarbariti mondi, che grandezza di cuore in due religiosi che non temono di mettere a rischio la loro vita. Pensi al nostro mondo quotidiano, al rumore inutile, alle parole al vento, a quanti digitano su Facebook invettive contro i migranti o l’islam in toto. E laggiù a Bangassou, nella ferocia di una faida in verità alimentata dai Paesi limitrofi per questioni di potere sulla regione, quell’uomo con la croce sul petto, che apre la sua casa a povera gente in fuga, vecchi, madri con i bambini aggrappati alle gonne. A Mosul, svuotata come una voragine dall’odio anticristiano, quelle serrature arrugginite di chiese che si riaprono su navate spoglie, depredate, coperte di polvere di macerie. E un prete innalza il pane e il vino, e si commuove: Cristo è tornato a Mosul. E abbraccia uno sconosciuto soldato, che domanda quel pane.
Bisogna leggerle, queste testimonianze di oggi, e fermarsi un attimo, zitti, a pensare. A contemplare la fede che promana da questi racconti di uomini di pace. Senza, magari, scrivere al volo su Facebook un commento superficiale. Trattenere in sé, invece, meditare su quelle porte spalancate, su quel pane e vino su un altare di nudo cemento, su quell’abbraccio fra cristiani e comunque tra fratelli. È un’altra storia, un’altra dimensione quella che scopri fra le righe di queste corrispondenze da remoti devastati Paesi. La grande forza di uomini di pace; dal fondo dell’inferno, il loro fedele testardo esserci, tra le armi e il sangue e i feriti e gli abbandonati. Nel frastuono del male, la sommessa voce buona di due uomini di Dio.