Opinioni

Chi sparla anche dei maestri di bioetica pur di attaccare la Chiesa e i nostri Papi

Marco Tarqunio giovedì 11 luglio 2019

Caro direttore,
ti scrivo a proposito di una testata online che si chiama 'Corrispondenza romana', organo di autoproclamati cattolici tradizionalisti guidati dallo storico Roberto De Mattei, che sugli schermi della rete internet non lesina attacchi alla Chiesa e a uomini e donne di Chiesa. Lo scorso 4 luglio ha attaccato il cardinale Elio Sgreccia, maestro fondatore della Bioetica e morto appena un mese fa. Già un’accusa fatta pubblicamente a un defunto è una grave mancanza di carità cristiana, ma in quel testo si arriva addirittura ad affermare che il cardinale sarebbe gravato da «alcune responsabilità che non si possono dimenticare». Queste pretese «responsabilità» sarebbero molto gravi perché riguardano ciò che nell’enciclica Evangelium Vitae (del 25 marzo del 1995) san Giovanni Paolo II scriveva a proposito degli aborti di embrioni causati dalle procreazioni artificiali. Poiché dalla sua tomba Sgreccia non può reagire, riporto qui ciò che papa Wojtyla scriveva e il futuro cardinale sosteneva quando in Parlamento si stava preparando la normativa sulla procreazione artificiale nota come legge 40. L’enciclica richiamata riguarda «il valore e l’inviolabilità della vita umana» e si riferisce anche alla pratica della fecondazione in vitro, della selezione degli embrioni e del congelamento degli stessi che (quasi) sempre comporta. E in modo chiaro e magistrale dice: «Nel caso ipotizzato, quando non fosse possibile scongiurare o abrogare completamente una legge abortista, un parlamentare, la cui personale assoluta opposizione all’aborto fosse chia- ra e a tutti nota, potrebbe lecitamente offrire il proprio sostegno a proposte mirate a limitare i danni di una tale legge e a diminuirne gli effetti negativi sul piano della cultura e della moralità pubblica (il corsivo è del testo). Così facendo, infatti, non si attua una collaborazione illecita a una legge ingiusta; si compie invece un legittimo e doveroso tentativo di limitarne gli aspetti iniqui» (num.73). In questo caso, l’abbandono di embrioni. Dove sarebbe la contraddizione? Purtroppo, però, c’è sempre chi crede e magari scrive che il peggio totale sia meglio di una metà 'buona' e punta l’indice addirittura contro il Papa di turno... Ma la semplice verità richiamata dall’enciclica di san Giovanni Paolo II dovrebbe essere nota anche alla signora 'Marisa O.' firmataria dell’accusa, che per sostenere un 'no' assoluto a un testo di legge che – argomenta – procura la morte di embrioni umani, di fatto finisce per vagheggiare una soluzione (intransigentemente contraria alla legge 40) che avrebbe favorito ancor più quella morte... Se è possibile un anche parziale miglioramento di una situazione ingiusta, allora è doveroso perseguirlo per salvare più vittime possibili. Ma ahimè, ci sono ancora persone che di dichiarano cattolici e credono di saperne più dei Papi e, per dimostrarlo, si scagliano persino contro figure luminose come quella del cardinale Sgreccia. Le «alcune responsabilità», però, si rivoltano contro chi tenta di attribuirle ai morti, perché certe accuse, caro direttore e amico, diventano boomerang...

Pier Giorgio Liverani

Sono d’accordo con te, caro Pier Giorgio. Possiamo indignarci per certi modi di fare e di scrivere, ma non possiamo stupircene, purtroppo. Hai diretto questo giornale prima di me, e sai che la pretesa di 'insegnare il credo agli apostoli' è vizio antico e, nel dopo- Vaticano II, in certi ambienti è diventato di moda il tentativo di 'fare la morale' ai grandi Papi che – ognuno col suo stile e la sua sapienza – ci stanno aiutando a portare la forza rinnovatrice del Concilio nella vita delle nostre comunità cristiane e nel rapporto col mondo in un tempo di grandi promesse e di grandi pericoli, segnato da avanzamenti promettenti della tecnoscienza e da manipolazioni disumane, da una più chiara consapevolezza della fraternità tra persone e popoli e da un vertiginoso e arrogante individualismo egoista. Certo, nella Chiesa si può dibattere, e io credo che si debba farlo con passione vera, ma un conto è questo e altro è l’altezzosa pretesa di giudicare tutto e tutti impugnando, qualche manuale di perfezione dottrinale dalla copertina di ferro. Elio Sgreccia, uomo di Dio e di scienza, vescovo e cardinale, merita il rispetto che si deve ai morti e a tutti coloro che in modo limpido si sono battuti per affermare la cultura della vita. Viste da lassù certe piccolezze risulteranno ancora più piccole, ma tu, caro Pier Giorgio, hai fatto benissimo a non lasciar correre. Lo hai fatto, lo so bene, per il cardinal Sgreccia, ma anche per tutti coloro che quaggiù sono ancora indaffarati a fare il mondo un po’ più giusto e più umano... Grazie.