Caro direttore, Vito Mancuso, in un polemico articolo su "Repubblica"di domenica scorsa dal titolo «L’operazione anestesia sul cardinal Martini», si scatena a descrivere la Chiesa come un luogo di potere in cui tutto è lecito per fare carriera e propone come terapia quella che il filosofo definisce una libertà di pensiero che viene prima della fede e che attribuisce al cardinal Martini. Liberissimo Mancuso di praticare le terapie che ritiene più efficaci e persino di gettare fango e discredito sulla Chiesa! Ma il fatto che usi il cardinal Martini per legittimare propri punti di vista denuncia una grave incapacità ad amare il vero (tanto che affermare l’opinione della propria fazione diventa l’unica cosa che conta). Quell’articolo non parla di Carlo Maria Martini, ma è una proiezione delle opinioni di Mancuso sulla Chiesa. Il cardinal Martini, che non può rispondere, viene strumentalizzato per uno scopo che non c’entra nulla con quanto lui ha testimoniato in vita e ora vede faccia a faccia. Infatti, Martini, che pure sentiva la incoerenza ideale da cui siamo toccati, una proposta l’ha sempre fatta e non è il dualismo tra fede e ragione che propone Mancuso. Il cardinal Martini ha sempre proposto di ripartire da Dio, dalla sua presenza reale, Cristo che vive dentro la Chiesa. Come ha detto in modo efficace nella presentazione della Lettera Pastorale 1995-96: «Ma ripartire come? E da dove? Qui la Tua essenzialità, o Signore, mi grida: mi sono spogliato di tutto, ho lasciato perdere tutto, per mostrare solo il Padre, il Suo amore per voi. Sì, ne sono certo: da Dio occorre ripartire, dall’Essenziale, da ciò che unicamente conta, da ciò che dà a tutto essere e senso». Questo è il cardinal Martini. E di fronte a questo uomo che si è consumato per il Signore bisognerebbe lasciar da parte ogni approccio ideologico per stare davanti a lui e riconoscere il vero che ci comunica oggi.
Gianni Mereghetti, Abbiategrasso (Mi)