Opinioni

Il direttore risponde. «Chi è offeso soffre: bisogna ascoltare» E vedere il fuoco

Marco Tarquinio lunedì 19 gennaio 2015
Caro direttore,
odo lo sfogo angosciato di un musulmano viaggiante in autobus davanti a me, che fra le lacrime confida all’amico, che gli siede accanto, quanto gli abbia fatto male vedere ridicolizzato Allah e il suo profeta, è come se avesse ricevuto in pieno petto un colpo di arma da fuoco. L’amico, da parte sua, biasima l’ostinazione di chi ha voluto ristampare in migliaia di copie il giornale satirico che è costato la vita ai precedenti vignettisti. Ad ambedue riesce incomprensibile costatare che il vecchio Occidente, ormai miope, non sia in grado di prevedere quanto le caricature triviali, offensive del sentimento religioso dei rispettivi fedeli, possano scatenare un vero tsunami in chi va in cerca di pretesti per scaricare odio e rivendicazioni con mezzi atroci e disumani. Mi concentro per ricordare che mi trovo in una società povera di valori e d’identità, in un mondo pluralista e multireligioso dove “gl’infedeli” sotto il tiro degli efferati attacchi terroristici sono gli Usa e i loro alleati: i cristiani, le minoranze, gli occidentali. Il terrorismo è ributtante come lo è per me e per molti lo sbeffeggiamento che corre anche sul web di Cristo, di Dio, del Trascendente, che rivela quanto certe vignette disgustose siano incapaci di far sorridere o di commuovere. Niente di più tragico della banalizzazione della divinità in cui purtroppo pochi credono e la satira contribuisce a darne il colpo finale. A questi ingenui vignettisti del sacro va ricordato che uccide più la lingua, la penna, la matita della spada e che nessuno ha il diritto di uccidere perché «chi di spada ferisce, di spada perisce» vale a dire che chi danneggia gli altri non può aspettarsi trattamento diverso. La veridicità di questa frase detta da Gesù a Pietro, che lo voleva difendere, è sotto gli occhi di tutti. A detta di onesti intellettuali, lungimiranti la satira sulle religioni avrà poco futuro perché dal 7 gennaio 2015 la libertà di espressione dovrà misurarsi sulle fedi dei cittadini e questo non per paura, ma per il rispetto dei valori contenuti in ogni religione e professati dai fedeli. Concordo con chi riflette sui tristi avvenimenti di questi giorni e ricorda: «Lascia stare i santi e scherza con i fanti» e se non ci sono i fanti prenditela con i furfanti che non mancano mai e sanno ben sfruttare anche il sacro per i loro interessi terreni, azioni considerate abominevoli dai buoni cristiani e dai buoni musulmani. C’è molto da imparare gli uni dagli altri se solo sapessimo metterci in ascolto.
Ines Colman
Ho speso molte parole anch’io, come tanti, in questi giorni segnati, dopo le stragi nel cuore di Parigi e nel Nord della Nigeria, dal dolore, dall’odio, dalla paura, dall’orgoglio e – per quanto ci riguarda – da una tenace volontà di capire, di ragionare e di sperare. Le rispondo perciò quasi a fatica, cara signora Colman. E supero il timore del già detto, cioè della inevitabile retorica delle ripetizioni, perché ciò che sta accadendo anzi divampando in Niger, uno dei dieci Paesi più poveri del mondo dove la grande maggioranza musulmana ha a lungo convissuto pacificamente con le minoranze cristiane e animiste, stringe il cuore e impone di trovare altre parole. A cominciare dalle due che ho scelto per il titolo di prima pagina di oggi. «Vignette brucianti». Quando capiremo, nel mondo-villaggio globale in cui viviamo, che ogni grave e ripetuta offesa, offesa premeditata eppure non meditata, ad altri – in questo caso alla fede degli altri – produce solo sofferenza? Una satira presuntuosa e cattiva, come ogni sonno della ragione e del rispetto umano, genera mostri. Loro disegnano e altrove nel Sud e nell’Oriente del Mondo si bruciano Chiese, spianano villaggi, uccidono persone... Che non sono meno vittime di quelle contate nella capitale di una grande nazione d’Occidente. Fiat satura et pereat mundus, sembra che si dica e si ripeta. Disegniamo quel che ci pare e finisca pure il mondo (soprattutto se è un mondo di altri). Io amo la libertà, ma di più amo la verità. E non mente l’ingiusto fuoco che vedo e sento appiccato, che chiunque può vedere e sentire, in Niger e in molti altri luoghi. La verità abita nelle voci d’uomo “straniero” che una donna libera e civile come lei sa ascoltare e comprendere viaggiando in autobus, vivendo e pensando con gli altri e non contro.