Il direttore risponde . Che voto alla comunicazione della Chiesa?
Salvatore Scargiali
Mi sembra che lei, caro Scargiali, parta dal rilievo di un difetto comunicativo, nostro e più in generale della Chiesa, per approdare a considerazioni che con questo hanno un rapporto abbastanza remoto. Credo che sia anzitutto necessario sintonizzarci su taluni concetti e sulle relative differenze: un conto è dire che i cattolici comunicano male le loro idee, altra cosa sostenere che le loro parole vengono fraintese, ancora diverso è ritenere che la Chiesa sbagli a comunicare quelle idee e meglio farebbe a sostituirle con altre più in assonanza con lo spirito del tempo e coi sentimenti dei nostri contemporanei. A noi di Avvenire riconosce di fare una buona informazione, rilevando solo una non affollata partecipazione al Forum su Internet. Non vorrei che lei sopravvalutasse questo aspetto. Una «piazza» sfogatoio nella quale ciascuno dice non solo quello che vuole (ovvio questo) ma anche ciò che è gratuitamente e violentemente offensivo perché tanto sul web non si paga 'dazio', questo genere di piazza a noi non interessa. Se avesse adocchiata qualcuna delle e-mail che ci sono state vomitate addosso nei giorni di Eluana comprenderebbe perché non c’è conoscenza né scambio culturale in contesti del genere. Per il resto le segnalo le paginate di lettere ospitate negli stessi giorni sul giornale di carta, e non tutte a senso unico o di consenso. Come a dire, noi di Avvenire al dialogo e al contagio reciproco ci crediamo: ma tra persone non tra maschere. Mi sembra tuttavia che il suo ragionamento verta soprattutto sulla presunta inadeguatezza della Chiesa a comunicare perché si attarda su contenuti che non avrebbero presa nell’animo contemporaneo e che anzi provocherebbero distacco e antipatia. Spero converrà che il criterio della simpatia è quanto mai precario, e per primo Gesù ha fatto esperienza del rapido (rapidissimo) mutare di stato d’animo delle folle tra la domenica delle Palme e il venerdì della Passione. Per restare ai giorni di Eluana, lei sembra dare per scontato che la Chiesa abbia incontrato solo ripulse, quando invece molti dei cosiddetti indifferenti l’hanno riscoperta proprio a partire da questa battaglia disperata e solitaria. In ogni caso la Chiesa deve fare tutto quanto in suo potere per farsi capire bene, ma non le si può chiedere di amputare o di rimodellare il centro del suo messaggio per renderlo più digeribile. La via per la salvezza eterna non potrà mai diventare il soggetto per un episodio di 'Guerre stellari'. Mi ha colpito che lei ricordi il titolo mariano di 'Refugium peccatorum', rifugio dei peccatori, senza però accorgersi, mi pare, che il solo evocare la condizione – che tutti ci accomuna – di peccatori, è da tanti ritenuto provocatorio e mistificante. Eppure se la Chiesa non può parlare di cose come la salvezza eterna e, quindi, della possibilità tragica ma reale della perdizione, cos’altro le resta? Siamo stati riscattati a caro prezzo, addirittura con la vita del Figlio di Dio; proporre una fede ad adesione parziale e contenuto arbitrario sarebbe un servizio o non piuttosto un tradimento dell’uomo d’oggi? La 'filantropia' della Chiesa, l’essere sempre e comunque per l’uomo e per la tutela della vita è conseguenza della sua fedeltà a Dio e al disegno da questi tracciato per l’umanità. L’azione caritatevole e compassionevole – Madre Teresa docet – è riflesso dell’amore per Cristo, centro del suo messaggio, cuore della predicazione, ieri come oggi. Noi lo ricordiamo dando voce al Papa, ai pastori, alle comunità. Papa, vescovi e comunità – a osservarli bene – tutt’altro che arcigni. Ma sorridenti e indifesi. Per il resto, ovvio che tantissime cose possano essere fatte meglio, senza mai smarrire tuttavia il focus, che rimane sempre il Cristo, scandalo e follia, per il suo e per il nostro tempo. Un saluto cordiale.