Che siano i popoli a costruire la pace che i potenti non vogliono fare
Gentile direttore,
si può accettare che una partita di pur importanti interessi strategici, economici ed equilibri geopolitici si giochi con totale indifferenza nei confronti della vita e della sofferenza delle persone, in particolare di civili inermi: bambini, donne, anziani, ammalati? Gli interessi in questione non sarebbero stati salvaguardati in modo migliore per tutti se l’immensa quantità di risorse distrutte e l’enorme spesa in armamenti fossero state utilizzate, tramite accordi adeguati, per garantire benessere, scambi commerciali, servizi, alle popolazioni dei Paesi belligeranti, in particolare con lungimirante equilibrio, a quelle dei territori contesi? E che differenza c’è tra quei ragazzi di vent’anni, che avrebbero potuto incontrarsi in qualche forma di collaborazione internazionale facendo amicizia e operando per il bene comune, ora invece aizzati gli uni contro gli altri? Che differenza tra il dolore delle famiglie degli uccisi? Che soddisfazione nel vedere città bruciate e rase al suolo, enormi sofferenze degli abitanti e interi popoli portati alla fame? Anche in questa situazione terribilmente degenerata è però possibile fermarsi, invertire la catastrofica spirale superando ogni propaganda, guardare la realtà e pensare al futuro. Occorrono grande coraggio e umiltà: se non li hanno i capi, li abbiano i popoli. Un mondo basato sull’amicizia tra i popoli non è utopia, ma l’unica via perché il mondo non solo sopravviva, ma sia bello!
Anch’io vorrei vedere una simile pacifica rivoluzione popolare, gentile e caro signor Baracani. E continuo a credere che nonostante le propagande e le manovre dei potenti e l’acritico allineamento di tanta parte del sistema dei media a Occidente come a Oriente, sì persino nella Russia di Putin, ci sia spazio per una gigantesca pressione 'dal basso' delle opinioni pubbliche mondiali che propizi, e addirittura costringa a compiere, quei passi di pace che i signori della guerra non vogliono considerare e che grandi interessi fanno sembrare impossibili. «Non è un’utopia», dice lei. Ma se anche fosse un sogno, sarebbe uno di quei sogni che dobbiamo assolutamente avere il coraggio di sognare. E per i quali merita di spendere speranze ed energie.