Tornare alle tradizioni per combattere gli eccessi. Anche a tavola. Che la pizza sia a «180»
Quest’anno sono andati oltre: la 'pizza 180'. Beh, al di là del gioco dei numeri, la sfida dei pizzaioli radunati dal Molino Quaglia è tutt’altro che banale. Il numero 180 infatti è il peso della pallina da impasto ideale per restare dentro alle 600 chilocalorie a pasto consigliate dai dietologi. Ma chi glielo fa fare di mettersi a pesare gli ingredienti come dei pasticcieri (li ho visti coi miei occhi e facevano così)? Per dirla tutta questo è un tentativo di arginare un disastro legato proprio a un consumo della pizza che si fa sempre più, per il nostro stomaco, pesante. Anzi, secondo il dietologo Pier Paolo Pavan, se uno mangia tre pizze la settimana è sicuro di diventare obeso... con altre conseguenze correlate. E giù a elencare i motivi: in pizzeria si comincia sgranocchiando i grissini, poi arriva una tonda ampia con farciture a volte esagerate (da sola, solitamente, vale 1.500/1.800 calorie, se si esclude quella alle patatine fritte che è ancora peggio); se poi si termina col dolce confezionato dopo aver bevuto una bibita gassata si è certi di aver accumulato un bel po’ di grassi saturi e di energia in eccesso.
Dunque, che fare? Intanto la pizza, secondo il giornalista salernitano Luciano Pignataro, non deve essere più grande di un piatto: «Se poi si pensa che nell’Ottocento era in voga la pizza a libretto, poi sparita col crescere del benessere, questo non è altro che un ritorno al passato. Il peso sarà stato suppergiù proprio 180 grammi». E difatti la 'pizza 180' ha come slogan «dieta mediterranea e difesa della tradizione», anche se i concetti sono innovativi. Come quelli di bandire i lieviti utilizzando un impasto di farina di grano tenero germinato, acqua, sale (la metà del solito) e, per stare sulla classica margherita: olio Evo a crudo, mozzarella di bufala (almeno il 25% in meno della pizza large) e pomodoro san Marzano. Totale 593 calorie, ma soprattutto una pizza che piace (do la mia parola) e che va bene a tutti, anche ai celiaci. Ed ha meno carboidrati, grassi e sale, ma tante più fibre (+137%). Sei maestri pizzaioli a capo di rispettive squadre hanno provato a cucinarla nel forno a legna.
E c’è chi ha fatto la napoletana con questo metodo, chi la focaccia romana, chi addirittura l’hamburger vegano (Renato Bosco di Pizzarè a San Martino Buon Albergo) per finire col frollino per un dolce senza rimorsi firmato dal re della pizza gourmet Simone Padoan, dei Tigli di San Bonifacio. Che faranno ora i Bricconi? (è il nome di un sito – bricconi.it – dove si registreranno le ricette con i Brick ovvero i prodotti di farina di grano germinato). Intanto, continueranno a sperimentare ma, soprattutto, inizieranno a mettere nella carte delle loro pizze già gettonatissime, una proposta '180'. Che magari costerà di più..., ma se risponderà davvero a un bisogno, sarà una rivoluzione nel mondo dell’indistinto delle pizza in ogni angolo. Anche questo, a ben pensarci è uno stimolo che guarda all’Expo. Ma le iniziative in questo senso, da quanto ho appreso in questi giorni, non finiscono qui.