Fantasia e realtà. Che brutta cera, povera principessa
Un'immagine tratta dal film Biancaneve
Attenti a quanto dite «certe cose belle succedono solo nelle favole». Perché i protagonisti, meglio le protagoniste di cartoni e racconti fantastici, non se la caverebbero per niente bene. Prendete Biancaneve: subisce i maltrattamenti della matrigna e ha scarse possibilità di relazioni sociali. Tutti fattori che facilitano la depressione e le malattie cardiovascolari. Salute a rischio anche per Cenerentola: non bastassero le angherie subite dalle sorellastre, rischierebbe gravi malattie polmonari per colpa della polvere del focolare. A fare il check up a principesse ed eroine Disney è stato un gruppo di studio diretto da Michael Bui, dell'Università olandese di Twente, la cui ricerca è stata pubblicata dalla prestigiosa rivista scientifica British Medical Journal (Bmj). Ne deriva che pressocché nessuna delle protagoniste sognanti dei giochi infantili sta particolarmente bene. E che tutte o quasi soffrono di solitudine. Come Jasmine, la bellissima principessa di Aladdin, che cresce senza amici tra le mura del suo palazzo, con la sola compagnia della tigre Rajah potenziale portatrice di infezioni, allo stesso modo della Bestia (che potrebbe trasmettere la rabbia) di cui si innamora Belle nella traduzione in commedia animata della celebre favola. Ma tre le bellissime e buonissime a rischio malattie gravi figurano anche Pocahontas, tanto incosciente da tuffarsi da una scogliera alta 252 metri e la Bella Addormentata, il cui lunghissimo sonno potrebbe procurare ictus, diabete, obesità e piaghe da decubito. Per tacere del fatto che il principe azzurro la bacia senza un suo chiaro consenso. E che dire di Rapunzel? Reclusa nella torre, deve tirare su la strega usando la sua lunghissima treccia come una corda col rischio di alopecia da trazione, mal di testa e perdita permanente dei capelli.
«Mentre gran parte della ricerca attuale sulle principesse Disney si concentra sull'impatto dannoso degli ideali irrealistici sull'autostima dei giovani spettatori – osservano i curatori delle ricerca pubblicata dal Bmj - c'è un bisogno fondamentale di spostare l'attenzione sui rischi per la salute a cui vanno incontro le principesse stesse». Sarà, ma il vero problema secondo noi, è un altro, quello cioè di voler adattare le categorie della vita vera alla dimensione del sogno, che ha le sue logiche, per prima il distacco dalle regole più banali dell’esistenza quotidiana. Perché i bambini, soprattutto le bambine, sono perfettamente consapevoli che le principesse non possono essere tutte belle, brave e buone, però hanno bisogno di crederlo. Perché un adulto felice è stato un piccolo che ha potuto vivere per intero la sua infanzia. «Le fiabe - diceva lo scrittore G.K. Chesterton - non insegnano ai bambini che i draghi esistono, loro sanno già che esistono. Le fiabe insegnano ai bambini che i draghi si possono sconfiggere».