Charlie e non solo: l'assedio dei dubbi e le comuni risposte che bisogna trovare
Caro direttore,
non c’è dubbio che sia straziante, sconvolgente – mi viene da dire disumana – la vicenda del piccolo Charlie Gard. Così dolorosa che non ci sono sufficienti parole per poterla descrivere. Non a caso sappiamo come definire un uomo o una donna che rimangono privi della loro compagna o compagno; o i figli cui muoiono i genitori. Ma non c’è termine per definire genitori cui i figli vengono meno. È qualcosa di “indicibile”; appunto: disumano.
Nel caso del piccolo Charlie, ancora di più. Si capisce benissimo che i genitori non sappiano, non possano, non vogliano accettare la morte del loro piccolo di appena dieci mesi. Anche se la scienza non sembra dare loro speranza, perché al momento, per quella rarissima malattia del mitocondrio non c’è rimedio. Leggere le dichiarazioni dei genitori al “Daily Mail” è straziante: «Abbiamo promesso al nostro piccolo ogni giorno che l’avremmo riportato a casa. Vogliamo fargli fare un bagnetto a casa, coricarlo nella culla dove non ha mai dormito, ma adesso tutto questo ci viene negato».
È una richiesta a cui i sanitari si sono opposti. Avranno le loro ragioni, non le conosco, e non conoscendole non le posso contestare. Procedo a tentoni. E come si potrebbe altrimenti? Quello che sappiamo che la famiglia ha tentato fino all’ultimo di poter esercitare una “genitorialità”, e di poter esercitare la sua libertà di scelta sulle terapie. Aggrappata all’estrema speranza, avrebbe voluto portare il piccolo Charlie negli Stati Uniti, per tentare una cura sperimentale. Perché non concedere questa possibilità? Non so dare una risposta.
Leggo che i medici escludono che per Charlie ci sia rimedio; che per il piccolo si prolungherebbe un’agonia dolorosa. Se è vero, se davvero è così, allora, pur nella comprensione del tremendo dolore dei genitori, non è forse una forma di (certo, inconsapevole) egoismo, il voler proseguire questo calvario, e per di più su un essere che non è in grado di esprimere la sua volontà? Ripeto, non ho risposte definitive, e non credo neppure ci siano. Vorrei avere la certezza di questa sofferenza del piccolo Charlie; e voglio augurarmi che medici e sanitari abbiano saputo fornire gli elementi necessari alle varie corti di giustizia che si sono pronunciate su questa vicenda.
C’è poi un altro aspetto, che vale per Charlie e più in generale: la responsabilità dei genitori verso i loro figli minorenni. Fino a che punto si può esercitare ed è vincolante, e quando invece la si può (anzi, la si deve) superare?
Nella recente querelle dei vaccini, per esempio: accettiamo che un’entità esterna possa far prevalere la sua volontà a quella di genitori che sono contrari al vaccino. E in tanti altri campi: si possono fare una quantità di altri esempi in cui – giustamente – la volontà genitoriale viene messa in discussione e si privilegia il “bene” del minore indifeso.
Potrei citare il non meno dilaniante caso di Eluana Englaro: in questo caso, a differenza di quello di Charlie, la volontà dei genitori era di staccare la spina; ma anche in questo caso, la “semplice” volontà dei genitori è rimasta per lungo tempo lettera morta, fino a quando non è intervenuta la magistratura – una entità esterna – che ha riconosciuto come fondate le richieste della famiglia Englaro. Nel caso del piccolo Charlie, le ragioni della famiglia non sono state ritenute accoglibili. Due volontà diverse, da parte delle famiglie; e comunque un “attore” terzo che dirime la questione. Decisioni entrambe tremende, laceranti. Per tutti: credenti, non credenti, diversamente credenti. Episodi, situazioni che mettono in discussione le nostre certezze, insinuano dubbi; in ogni caso le risposte sono dolorose e tormentate. Ed è giusto sia così, perché si parla di vita e di morte, di sofferenza; e spesso i “protagonisti” di queste vicende sono muti, fragili, bisognosi di protezione.
Caro direttore, non ho risposte certe, ho piuttosto una quantità di interrogativi. Non credo di essere sola. Per questo credo sia necessario parlarne, confrontarsi, discutere; in una parola: dialogare su questi che sono i veri temi importanti, con la volontà di ascoltare, e di cercare di capirsi.