Il direttore risponde. Cavour, le guarentigie e la libertà
Gentile direttore,
forse proprio a causa della ricchezza di argomentazioni è difficile seguire in modo appropriato il dibattito su Ici e Chiesa. Tuttavia sembra a questo punto necessario evidenziare una prospettiva diversa. Viene da domandarsi se la Chiesa possa essere considerata come un’organizzazione internazionale senza fini di lucro. Sarebbe improprio paragonare la Chiesa cattolica all’Onu, all’Aiea, alla Fao, al Tribunale internazionale, alla Corte europea, al Cern o ad altri organismi dediti ad attività scientifiche, giuridiche, politiche, sociali? Tutti senza fini di lucro e perciò necessariamente finanziati nei modi più diversi. Eventualmente attraverso esenzioni. La legge delle guarentigie, l’istituzione della Città del Vaticano, i vari Concordati e la legislazione vigente in qualche modo hanno sempre riconosciuto la speciale funzione della Chiesa. Hanno fornito, cioè, una risposta lungimirante a un ruolo internazionale che non può essere sottaciuto. Se dunque esiste una legislazione particolare con speciali "guarentigie" (cioè "garanzie"), ciò non sembra derivare da privilegio, ma da una valutazione di ampio respiro. Artefice primo di una tale concezione – se non erro – fu Cavour, liberale laico come pochi. Nel solco di Cavour, i successori concepirono le guarentigie non come benefici, ma come garanzie capaci di arricchire l’Italia regalandole un ruolo speciale tra le nazioni grazie alla presenza del Papato a Roma. Di quelle impostazioni liberali è utile tener conto quando si affronta il dibattito in modo complessivo. Spingendosi oltre, qualcuno potrebbe ipotizzare un ammodernamento delle guarentigie nazionali riconfigurandole come finanziamenti europei, vista la rilevante matrice cristiana nei principi di libertà, eguaglianza e fraternità alla base dell’identità europea. Ma questa è un’altra storia.
Tito Giliberto