Un «metodo» a cui ci si può abituare. Per i terroristi l'innocente non c'è
Un testimone della strage col camion di Stoccolma dice: «Colpiva le persone, che cadevano di qua e di là, e ha centrato in pieno un passeggino». «Di qua e di là» vuol dire che il camion zigzagava, e «in pieno» vuol dire che ha puntato su quel passeggino, l’ha mirato. Dunque il guidatore del camion, il terrorista, guidava scrutando con gli occhi i bersagli più utili: meglio due persone invece che una, meglio un bambino invece che un adulto. Lontano da qui, dov’è nascosto, il califfo vuol sapere, adesso, quanti sono i bambini uccisi, è questo il dato che gli preme di più. Questo ci fa capire cos’è il terrorismo. Per creare il terrore, devi agire rovesciando l’ordine morale della società in cui agisci: se colpisci un "colpevole" (un nemico che ti ha bombardato o sparato) fai una vendetta o, persino, una giustizia, ma non semini il terrore, per seminare il terrore devi colpire gl’innocenti, i deboli, le donne, i bambini, gli scolari, gli indifesi. Più assurdo appare, moralmente parlando, il tuo gesto, più terrore suscita. Se fai esplodere una bomba usando un kamikaze, spaventi, sì, ma spaventi di più se il kamikaze è una ragazza, e più ancora se è un bambino. E più ancora se il bambino non lo sa: tu usi il bambino portatore-di-bombe come certe marine militari usano i delfini portatori-di-mine. Animalizzi l’uomo.
Il terrorismo è l’esercito dei combattenti senza esercito. Sovverte tutte le regole militari, non ha un fronte, non ha armi, non ha divise, deve inventarsi e procurarsi tutto. Adesso, in Europa, punta sulle auto e sui camion. Ma non li ruba un giorno prima, non vuole rischiare di essere scoperto. Li ruba sul momento. Questo camion di Stoccolma era stato abbandonato per un attimo dal conducente che faceva le consegne. Abbandonato col motore acceso e la chiave inserita. Il terrorista, che passava di lì, ha avuto un lampo nel cervello, ha deciso che il momento era arrivato, è balzato alla guida ed è partito a tutta velocità. Non è necessario che sapesse guidare, né frenare, né parcheggiare, né spegnere il motore. Non è nemmeno necessario che abbia la patente. L’unica cosa che deve saper fare è girare il volante, cosa che anche i bambini fanno. Girando il volante, deve investire quelli che trova, più persone possibile. A questo scopo (ed è l’unico punto che fa pensare a una specifica premeditazione), la cosa più conveniente è imboccare una strada pedonale, piena di vittime predestinate.
Ripetiamo sempre che dobbiamo abituarci a convivere col terrorismo, e con questi attentati. Ma evidentemente non ci riusciamo. Non dovremmo lasciare un’auto, e tanto meno un camion, col motore acceso e le porte aperte. Abbiamo visto che cosa è successo a Nizza e a Berlino. Cullati nella dolcezza protettiva della civiltà cristiana, che insegna a tutti, anche a quelli che non sono cristiani (e perciò «non possiamo non dirci cristiani», diceva Benedetto Croce), siamo indotti a pensare che l’uomo non possa volere il male dell’altro uomo, anche se non lo conosce, non possa ucciderlo con un colpo di pistola alla testa, senza neanche sapere chi è, non possa bruciarlo vivo, chiuso in gabbia e in una piazza, in modo che tutti possano godere della visione. Ora abbiamo a che fare con una civiltà (che non è quella islamica ma quella islamista) che pratica questo terrore, lo predica ai suoi affiliati, lo impone.
Attuato a questo livello, il terrore non è uno strumento per arrivare al potere, che poi sarà esercitato con criteri più umani e civili. I terroristi che vanno a caccia d’innocenti per schiacciarli o bruciarli, se si fanno uno Stato lo governano con lo stesso terrore. Dal Terrore Rosso pre-comunista s’intravede il gulag. Dal terrore pre-nazista s’intravede il lager. Dal terrorismo jihadista s’intravede il Daesh, l’esecuzione in massa, il rogo multiplo. Il Terrore è per sempre. Per il terrorismo non esistono innocenti.