Opinioni

Brasile. Calcio d'inizio, ipnosi da mondiale

Massimiliano Castellani giovedì 12 giugno 2014
​​Non è vero, come si affanna a farci credere la presidentessa Dilma Rousseff, che per Brasile 2014 è tutto «in ordine». Il "progresso" qui c’è stato (20milioni di poveri in meno), ma a volte non si vede, perché questo, a cominciare da Rio de Janeiro, è un paradiso terrestre tristemente accerchiato da mille gironi infernali – chiamati favelas – e si salva solo chi riesce a vivere a distanza di sicurezza, e a rimanere nel limbo. Il limbo per i brasiliani, ma un po’ per tutti i popoli nel pallone, è rappresentato dal calcio. Qui lo chiamano futebol, e come in Italia e nelle democrazie più o meno autentiche, è il riflesso del Paese, con tutte le contraddizioni, tutte le sue miserie e i suoi splendori. Fino ad ora, per questo Mondiale che 64 anni dopo torna nella sua terra elettiva, si è parlato solo di miserie: ritardi nella consegna degli impianti, sprechi miliardari, scioperi, fame e carestia. Di militari in assetto di guerra, per garantire l’ordine e di testate missilistiche piazzate a difesa del Maracanà. Immagini che fanno molto progresso, ma che non danno l’idea del più pacifico e del più importante evento sportivo planetario. Più ancora delle Olimpiadi (che poi si terranno sempre a Rio, nel 2016). Pertanto, comprendiamo le ragioni di quei brasiliani – pochi – che rivendicano giustamente più scuole e più ospedali e meno stadi (12 sono troppi, ma Italia ’90 aveva già tracciato il solco del gigantismo d’argilla), ma come possono pensare di fermare un simile colosso organizzativo? Il tifoso-cittadino del mondo può dissentire quanto vuole, può anche disertare lo stadio se crede, ma anche se l’Itareguao (sede della prima di stasera a San Paolo, Brasile-Croazia) e il Maracanà restassero completamente vuoti, il carrozzone andrebbe comunque avanti, con i suoi fanti e i suoi re. Dopo aver contestato tutti i "regimi" di ieri e di oggi, gli ultrà di "No Copa" non avranno più fiato ed energia per opporsi al vero totalitarismo imposto dalla Fifa: quello della Tv. Il calcio moderno è globale, multirazziale, in campo a volte anche totale, ma dentro e fuori, da un ventennio è dominato dalla totalitaria "Telecrazia". Quasi cinque miliardi di telespettatori da questa sera si collegheranno con il Brasile e anche i più furiosi contro il proprio governo, per via delle tasse, per le leggi sbagliate e per i politici corrotti, state certi che per un mese dimenticheranno (o quasi) tutti problemi ipnotizzati da un gol di Neymar.