Opinioni

CAMPIONATO DI CALCIO. L'ultimo stadio

Massimiliano Castellani sabato 12 maggio 2012
​Se a qualcuno ancora interessa il calcio giocato, il profumo dell’erba di un campo (anche quello sintetico odora di cocco), i colori delle bandiere di una curva o la gioia di un bambino che in tribuna mangia distrattamente un gelato mentre Del Piero segna il suo ultimo gol con la maglia della Juventus, allora lo informiamo che siamo arrivati all’ultima giornata del campionato di Serie A. Una volta, questo era un po’ come l’ultimo giorno di scuola: al triplice fischio finale della stagione ecco che arrivavano puntuali le pagelle dei club promossi e bocciati, con i vincitori, e i vinti condannati a inchinarsi dinanzi a una sola squadra: quella dei campioni d’Italia. Questo accadeva tanto tempo fa, molto prima del calciomercato - alias, mercato delle vacche -  aperto tutto l’anno, delle ferali dirette no-stop in pay-tv, di Calciopoli e Scommessopoli. Per colpa di quest’ultimo, il calcio-scommesse, il campionato non si ferma, ma fa solo una forzata scelta di campo: passa dal rettangolo di gioco alle aule dei tribunali, con tanti sospettati in attesa di giudizio. Il Palazzo di giustizia del pallone si affida a Palazzi, Stefano, il procuratore federale che «per ora» ha chiamato a processo 52 calciatori (61 tesserati) e 22 società, 3 di serie A, 10 di Serie B e le altre di Lega Pro. «Ma la Serie A ne uscirà indenne», affermano sicuri gli innocentisti - più o meno direttamente interessati - davanti all’ennesima puntata del calcio marcio. Dal Palazzo di Palazzi però aspettano da un momento all’altro faldoni dalle Procure di Cremona e di Bari, e lì dentro a quelle carte segrete (ma mai effettivamente secretate, come dimostrano le pubblicazioni che escono a puntate su altri giornali) potrebbe esserci di tutto, e di più. E il tutto arriverebbe ai primi di giugno, proprio nel momento in cui il campionato di B emetterà i suoi verdetti (playoff e playout) e mentre la Nazionale di Prandelli starà partecipando agli Europei di Polonia-Ucraina. La giustizia sportiva ha fretta, è veloce e di solito non pulisce neanche il water del calcio che così ciclicamente mostra di non sapersi privare della solita melma. Quella che rivoluziona e cancella le graduatorie di meriti conquistati sul campo, per colpa del portiere avvelenatore, del terzino che ha incassato dai 40 ai 90 mila euro per perdere la partita, o per via del bomber caduto nella rete dei minacciosi ultrà che scommettevano a botta sicura per poi ritrovarsi imbrogliati dal loro idolo che di segnare nella “gara combinata” non ne voleva proprio sapere. Uno scenario che a vario titolo vede tanti coinvolti: dalla piccola realtà, fino a ieri favolosa, del piccolo AlbinoLeffe, fino a Lecce. Il campanile italiano per una volta è unito dallo spettro delle condanne, finito sotto la lente di Sherlock Holmes-Palazzi, davanti al quale sono sfilati e sfileranno presunti innocenti che rimandano sempre le responsabilità a qualcun altro, magari un indonesiano di madre cinese che tifa Spal (nomi e personaggi di pura fantasia, si spera, ndr). L’ultimo a raccontare la sua verità sarà il tecnico dei campioni d’Italia della Juventus, Antonio Conte, che finalmente, dopo continui slittamenti, il 20 maggio risponderà al procuratore federale per vicende che lo riguardano quando lo scorso anno era l’allenatore del Siena. Strano no? Come è strano che mentre il pallone annaspa c’è chi alza gli occhi al cielo e pensa che la cosa più importante per cui vale la pena “giocare” ancora è cucirsi tre stelle sul petto della maglia. Ma qui di cuore c’è rimasto solo quello di noi nostalgici - compreso il bambino col gelato -, che ci commuoviamo ancora vedendo che cinque campioni del mondo del 2006 (Inzaghi, Zambrotta, Del Piero, Nesta e Gattuso) che idealmente danno il loro addio a quel che resta del calcio italiano.