Opinioni

Il direttore risponde. Il calcio miliardario che fa dimettere i tifosi

Marco Tarquinio martedì 12 luglio 2016
​Gentile direttore,
era stata già una pugnalata la notizia del voltafaccia di Higuain, ora ho sentito che Pellè guadagnerà come un faraone in Cina, forse come premio per l’imperizia che ha appena sfoggiato agli Europei 2016. Queste notizie, unite a quella della vendita del Milan e ad altre dello stesso tenore mi hanno fatto giungere a una conclusione: se il Napoli o un’altra squadra vuol vincere qualcosa, deve vendere a cinesi, arabi o russi, coreani... gli unici capaci di sborsare tutti i soldi che ci vogliono per i capricci dei campioni, mentre i contratti, le firme, le clausole stanno già facendo la fine che già da tempo hanno fatto le maglie, le bandiere e le parole da uomo. Non ha più alcun senso tifare per una squadra e fingere che la vittoria venga dal cuore – oggi si dice dalla “cattiveria”, bah! – o dalla tattica: viene solo dalla valanga di soldi. Nella mia parrocchia c’è una scuola calcio con ragazzini che è una gioia veder crescere e giocare. Dobbiamo tornare a quei livelli. Dico sul serio: lasciamo il calcio professionistico a questi stramiliardari così distanti da noi e ricominciamo con un campionato amatoriale di... sempliciotti, dopolavoristi, dilettanti, ma che siano appassionati e veraci. Io da oggi mi dimetto da tifoso e mi disinteresso di questo calcio, che pure ho amato tanto e mi ha tradito.
Padre Sergio Cerracchio
giuseppino, ex tifoso del Napoli
Partecipo al suo disagio e lo comprendo pienamente, caro padre Sergio. Provo una delusione simile alla sua che tende a farsi più acuta, nel mio caso da tenace tifoso dell’Inter. Ma soprattutto credo anch’io che lo sport dei giovanissimi e quello di base possa essere un ottimo modo per riconciliarci col calcio e per ripulirci lo sguardo. Ne abbiamo bisogno.