«Sono pieno di vergogna per conto mio e della mia nazione e sono addolorato con lei. Suo figlio è stato ucciso da criminali», ha ha detto il presidente uscente israeliano Shimon Peres al padre di Mohammad Abu Khdeir, il ragazzo bruciato per vendicare l’assassinio di tre ragazzi ebrei. I responsabili sono giovani estremisti, che avrebbero già confessato, sotto la pressione dalla caccia all’uomo messa in atto dalle autorità di Gerusalemme (e presto saranno processati senza attenuanti). Uno zelo investigativo e giudiziario che era mancato sul fronte palestinese. Il presidente dell’Anp Abu Mazen aveva condannato il gesto, ma non tutte gli esponenti e le forze politiche si erano associati. Pur in un contesto in cui il ricorso alle armi è una prassi dolorosamente frequente e non certo centellinata, il carattere democratico e ispirato al diritto dello Stato di Israele si dimostra ancora d’esempio alle aspiranti democrazie arabo-islamiche che lo avversano.