Bombe a grappolo, esplosione d’immoralità rivelatrice
Caro Marco Tarquinio, mi sembra che l’impegno da parte dell’amministrazione Usa di fornire le forze armate ucraine di bombe a grappolo rischi di passare senza un dibattito serio e senza una valutazione approfondita da offrire all’opinione pubblica. Personalmente e sin dall’inizio del conflitto ho sempre manifestato la mia contrarietà al sostegno della guerra con l’invio di armi, ma ancora meno ritengo che tale decisione possa trovare una qualche giustificazione per le bombe a grappolo. In verità questa scelta sembra sancire ulteriormente l’escalation che abbiamo paventato sin dal primo momento. Si è cominciato con i kalashnikov distribuiti alla popolazione in nome del principio della difesa territoriale, ma ben presto si è oltrepassato il confine con carri armati Leopard, droni armati e aerei da combattimento. Le bombe a grappolo sono tutt’altro che armi difensive tant’è che devono essere necessariamente utilizzate nel territorio della controparte, colpiscono indiscriminatamente anche la popolazione civile e rimangono inesplose sul terreno anche dopo la fine auspicata del conflitto stesso. In questo senso tali submunizioni sono assolutamente immorali anche secondo i principi dello “jus in bello”. La Convenzione internazionale (2010) che mette al bando questi ordigni, e che vede l’adesione piena del nostro Paese e dell’Unione Europea tra gli altri, fa leva proprio sul dato che troppo spesso le vittime sono civili, bambini, contadini e donne inconsapevoli che vengono a contatto con le mine inesplose scaricate a terra dai contenitori di cluster bomb. In via secondaria, proprio per queste stesse ragioni, molti terreni non possono essere coltivati, alcune strade non sono praticabili, e pertanto le bombe a grappolo sono causa del blocco di un’economia locale di sopravvivenza. Senza contare poi che, trattandosi di ordigni a basso potenziale di esplosione, spesso feriscono senza colpire organi vitali. Mi chiedo quanta cinica perversione vi sia nel progettare e realizzare armi in grado di ferire e non di uccidere calcolando che una persona ferita comporta costi più alti e colpisce maggiormente il morale delle popolazioni e delle truppe! Insomma, credo che la cessione di questo tipo di armi da parte dei nostri stessi alleati Usa e il conseguente impiego da parte dell’esercito ucraino sollevi più di un qualche dubbio morale e rafforzi piuttosto le ragioni di chi cerca altre strade per la soluzione pacifica del conflitto in corso.
don Tonio Dell’OlioCaro Tarquinio, dopo quasi dieci anni di guerra in Ucraina distruzione e morte non si fermano, e lo scenario peggiora. Eppure, dovrebbe ormai essere chiaro a tutti, soprattutto dopo l’invasione russa, che questa è una guerra “imperiale” con l'Ucraina nel ruolo di altare sacrificale. Uno scontro nel quale non esistono “buoni” e “cattivi” in blocco e da una parte sola, ma dove la storia già assegna precise responsabilità: quelle di Vladimir Putin sono le più grandi e atroci, ma né l’Europa, né gli Usa, la Gran Bretagna e la Nato possono dirsi “innocenti”. Lo schieramento di armi, sempre più potenti, con l’obiettivo della “vittoria” di una parte sull’altra, aumenta il rischio di un allargamento del conflitto insieme a quelli di un qualche incidente nucleare o dell’utilizzo deliberato di ordigni atomici. Non solo a Mosca, ma anche a Washington, a Londra e a Bruxelles la politica non sa cambiare passo. Nonostante le iniziative e gli appelli quasi quotidiani di papa Francesco e quelli di importanti intellettuali, di famosi economisti, di eminenti personalità, di grandi scienziati, di movimenti contro la guerra, di nazioni come la Cina, il Brasile e i Paesi africani, non si fa ciò che sarebbe giusto per ricercare e tenere aperte strade diplomatiche per negoziare la pace, per unire le Chiese coinvolte nel conflitto, per invitare i potenti a cambiare logica e a rendersi conto della inutilità di questa strage e per chiedere a noi cittadini di non assuefarci alla carneficina. Mi duole soprattutto che l’Europa abbia sinora rifiutato di essere protagonista – uso le parole del Papa – di «una volontà politica senza secondi fini e capace di affrontare i problemi comuni, prendendo le distanze da ideologie e particolarismi, da visioni e interessi di parte, per perseguire il bene dell’umanità intera». La nostra Europa non sa farsi portavoce per l’apertura di una conferenza di pace, per la cooperazione, la sicurezza e lo sviluppo di tutti popoli, per la salvaguardia dell’ambiente e del clima, nonché per una seria riforma dell’Onu che racchiuda in sé una gestione equa dei beni fondamentali per l’umanità e quella delle alleanze militari e di corpi civili di pace. Sebbene la povertà cresca e i sistemi sanitari siano a rischio, si continua a incrementare con miliardi di euro, pagati dai cittadini, un “fondo per la Pace” usato anche per produrre armi e si consente agli Stati membri di usare i fondi del Next Generation Eu per riempire gli arsenali. Quale futuro i governanti stanno preparando per i nostri figli? Cosa può fare la società civile per incidere nelle scelte della politica?
La guerra è sempre cattiva, chiunque sia a premeditarla, propiziarla, dichiararla, scatenarla, alimentarla e condurla. E nella guerra, in ogni guerra, non ci sono «buoni» e «cattivi» tutti da una parte (ovviamente i «buoni» da quella che si riconosce come propria). Papa Francesco ce lo ha ricordato più volte, ricorrendo proprio a queste immagini e parole. E con particolare chiarezza lo ha fatto nell’estate di un anno fa (a giugno e a settembre 2022), attraverso i ragionamenti sviluppati in due importanti interviste collettive. Il Papa ci invitò anche a sopportare con intelligenza e amore lo sforzo necessario per leggere e comprendere la «complessità» del mondo in cui viviamo e delle cause dei conflitti per poter finalmente e semplicemente guidare in una direzione di pace la società dei popoli e delle nazioni e, dunque, per scongiurare le guerre, tutte, pure quella che fa strage di ucraini e russi, carneficina «evitabile» e che è stata «provocata» e «non impedita». Sono appelli e concetti che anch’io, nel mio piccolo, ho lanciato e proposto senza tregua durante gli oltre cinquecento giorni di massacri e distruzioni della seconda fase della guerra scatenata dall’invasione russa del 24 febbraio 2022. Anche questo un modo per resistere e reagire all’incredibilmente entusiasta (e politicamente quasi unanime) postura bellicista che sembra aver travolto l’Europa, accompagnando la nuova “guerra dei mondi” tra l’Oriente russo e l’Occidente che anche noi europei siamo. Siamo in tanti a pensare e sentire così. Ma l’escalation non rallenta, e le stragi non cessano. E questa guerra si rivela sempre più non solo «provocata» o «non impedita», ma alimentata. Con parole e propagande. Con letture geopolitiche funzionali allo scontro senza scampo. Con armi e con scelte miopi e spaccamondo come l’ambigua dichiarazione congiunta Russia-Cina di un anno fa e la replica di una Nato che decide di espandersi non solo in Europa, attraverso le nuove adesioni di Finlandia e Svezia, ma anche nel raggio d’azione planetario attraverso l’adozione di un Nuovo Concetto Strategico basato sulla crescita costante della spesa militare. Eppure, i dati Sipri attestano che nel 2022 i Paesi dell’Alleanza atlantica già “investivano” per i loro arsenali 1.232 miliardi di dollari: 14 volte più della Russia (87 mld) e 4 volte più della Cina (292 mld). Numeri che fanno pensare e – volendo – consentono di “vedere” altri (e taciuti) aspetti dello scontro in atto. Le accorate argomentazioni dell’amico Masut segnalano che diversi italiani lo hanno ben chiaro.
Fa pensare e inorridire anche la scelta di Joe Biden, presidente Usa, di rifornire l’Ucraina – che già ne fa uso al pari della Russia – delle famigerate “bombe a grappolo”. Don Tonio Dell’Olio nella sua lettera ricorda con precisione le feroci caratteristiche di queste armi terribili che, grazie a Dio e a sagge scelte politiche e morali riconfermate dalla premier Giorgia Meloni, l’Italia “ripudia” totalmente. La decisione della Casa Bianca, però, ha la forza di un’esplosione rivelatrice. Ci conferma che il bene e il male in guerra non stanno da una parte sola, e l’assenza di un grande dibattito politico nel nostro Paese e in Europa su un passaggio grave come questo pesa enormemente. Sarò diretto e anche duro sul punto: sembra che troppe intelligenze e voci siano come inebetite e in troppi nostri politici di partiti e tradizioni “pacificatrici” appare ormai come azzerata la capacità di reazione all’immoralità della guerra.
A che cosa dobbiamo ancora assistere e di che cosa dobbiamo renderci complici prima di scuoterci? Prima di ricordarci che siamo tutti liberi cittadini e cittadine, partecipi della stessa umanità, e che non stiamo dall’unica parte giusta, quella con tutte le ragioni del mondo? Per fare pace bisogna partire, come l’umile “missionario di pace” Matteo Zuppi inviato dal Papa a Kiev e Mosca, da questa onesta e disarmante consapevolezza.