Il caso. Bibbia «vietata» alla conferenza scientifica. L’ultima censura
Pietro Pietrini
L’altra notte ho avuto un incubo. Seduto alla mia scrivania, leggevo e rileggevo una missiva con la quale il responsabile della comunicazione di una grande organizzazione mi “invitava” a cambiare titolo e contenuto di un seminario sul libero arbitrio, ormai in calendario da alcuni mesi e inizialmente accolto con trepidazione e attesa. Pena la cancellazione dello stesso.
Sognavo che la missiva fosse essa stessa un sogno ma, nel sogno, mi destavo incredulo e amareggiato nel prendere atto che la lettera era reale. Sbigottito, mi domandavo quale mai potesse essere l’origine del veto a menzionare Bibbia e Genesi. Il seminario prendeva spunto dal primo omicidio della storia dell’umanità, riportato nel quarto capitolo della Genesi, laddove Caino non ascolta il monito del Signore e uccide Abele. Da allora l’essere umano si confronta con «il peccato accovacciato alla tua porta» che mette alla prova la nostra capacità di autodeterminarci.
La parola che immediatamente segue nel racconto del Genesi – Timshel – nelle diverse traduzioni che si sono susseguite nel corso dei secoli - racchiude in sé il senso del libero arbitrio. Tutto qui. I riferimenti al Genesi finivano qua. Ben lontano, dunque, da qualsivoglia dissertazione critica di testi religiosi o altro del genere. Ambito sul quale, peraltro, anche se intendessi improvvidamente avventurarmi – e non ne ho alcuna intenzione - non avrei alcuna competenza, occupandomi, da oltre trent’anni, delle neuroscienze del comportamento umano.
Per dirla tutta, poi, il titolo e l’incipit del mio seminario altro non volevano essere che un tributo a John Steinbeck, tra i miei scrittori più amati fin dall’adolescenza, che in quel capolavoro che è La Valle dell’Eden dedica pagine memorabili alla disquisizione sul significato di quell’antica parola ebraica.
Nel sogno, per quanto mi affannassi, non riuscivo dunque a trovare alcuna plausibile motivazione. Non nel mondo del libero pensiero nel quale avevo avuto il dono, anche geografico, di nascere e il privilegio di potervi essere allevato e educato. Non sarà che il veto – mi chiedevo - affondi le sue radici nell’universo, ormai privo di qualsivoglia briglia di ragionevolezza, del politicamente corretto, dove inaudibili storpiature della lingua italiana sono sbandierate quali manifestazioni di rispetto degli altri e dove persino gli auguri per il Santo Natale, il mistero dei misteri per laici e credenti, ormai ce li scambiamo quasi sottovoce e solo tra conoscenti?
Non sarà il recente conflitto israelo-palestinese il motivo ultimo che spinge alla “prudenza”, per usare un termine improprio, ma politicamente corretto?
Se così fosse – e temo proprio che sia così – la richiesta farebbe un triplice torto, non solo al cristianesimo e all’ebraismo ma, paradossalmente, anche all'Islam ed alla religione musulmana stessa, e quindi in ultimo anche ai palestinesi, dove figure bibliche sono assai frequentemente menzionate nel Corano da protagoniste - a partire da Adamo, passando da Abramo, per arrivare a Mosè, Davide, Salomone e così via; basterebbe riflettere su nomi arabi comuni come Ibrahim, Musa, Dawud, Sulaiman e altri ancora. Proprio in virtù della venerazione di cui il Pentateuco gode, nello stesso Corano il giudaismo è chiamato “religione del libro”.
Se dunque la Bibbia, addirittura nel libro fondante del Pentateuco qual è la Genesi, è qualcosa che non si può neppure menzionare nel titolo di un seminario pubblico, dobbiamo prendere atto che abbiamo cominciato a segare il ramo su cui siamo seduti a livello culturale e antropologico. Che lo si voglia o no, siamo fatti di Genesi.
In quell’incertezza della coscienza che è lo stato onirico, temevo il risveglio. Mi chiedevo cosa rispondere. Si potrebbe obiettare che la modifica di titolo in fondo è piccola cosa. Ed è vero. Assolutamente vero. Ma non dobbiamo dimenticare che anche il Muro di Berlino fu costruito con tanti piccoli mattoni.
Pietro Pietrini è professore ordinario alla Scuola IMT Alti Studi Lucca