Il direttore risponde. Bhatti, esempio da far amare
Clemente Carbonini, Tirano (So)
Caro direttore, l’editoriale di Avvenire del 3 marzo ("Non capire è impossibile", di Fulvio Scaglione) ha spalancato quello che tutti vedono da anni, ma molti fingono di non sapere. Come quando morì il magistrato Borsellino, così si è conclusa l’avventura umana del coraggioso ministro pachistano Shahbaz Bhatti che ha dato la vita per i suoi amici pachistani oppressi, cristiani e di altri credo minoritari. Sarebbe bello che ne parlassero gli educatori negli oratori e nelle scuole ai ragazzi e alle ragazze del nostro tempo. Siamo davvero debitori ad Avvenire per la chiarezza dell’esposizione anche su questo momento delicatissimo per tutta la Chiesa universale, che annuncia come sempre la Parola di Dio in tempi difficili e spesso ostili.Gabriele Zanola, Brescia
Anch’io non finisco di dolermi di certa incomprensibile freddezza informativa, ma ormai non ne sono quasi più stupito. I cristiani, caro signor Carbonini, sono evidentissimamente poco "notiziabili" secondo gli sconsolanti canoni della televisione dilagante (quella che si ribattezza «televisione di successo» per il fatto di aver ormai realizzato una sistematica occupazione di spazi e tempi di programmazione). E anche per questo non entrano nei tg o ne restano ai margini anche quando le notizie che li riguardano sono terribili, coinvolgenti ed esemplari.Il caso dell’assassinio in Pakistan del ministro cattolico Shahbaz Bhatti o, meglio, del suo martirio (come valutano i vescovi di quel Paese, e come tanti di noi pensano) è davvero e tristemente emblematico. Se a essere ferocemente ucciso fosse stato il paladino di qualunque altra donna condannata a morte – una statunitense o, facile pensarlo, un’iraniana – dolore e indignazione avrebbero tracimato. Ha, invece, meritato – come lei dice, caro amico – solo rapidi flash e più di qualche pesante silenzio la spietata esecuzione programmata e compiuta da fondamentalisti islamici nei confronti di un uomo politico generosamente schierato a difesa della libertà di credere di tutti e tenacemente impegnato, da cittadino del suo Paese e da cattolico, per strappare al boia tutti coloro che in Pakistan vengono investiti dall’accusa di «basfemia» e, in particolare, una giovane donna – Asia Bibi – condannata semplicemente a causa della sua fede in Gesù Cristo.Tutto questo si affronta denunciandolo, come lei fa. E anche con un continuo lavoro alternativo d’informazione, come quello che noi, giornalisti di Avvenire assieme ai nostri colleghi di TV2000 e di Radio inBlu, facciamo ogni giorno, trovandoci a fianco – ogni tanto, e comunque benvenuti – altri giornali (nel caso Bhatti, si è distinto in positivo il "Corriere della Sera"). Ma, soprattutto, come lei signor Zanola consiglia, questa incomprensione e questa distrazione si affrontano con un serio impegno formativo. È un compito educativo che tocca alla scuola tanto quanto alla famiglia e all’oratorio.Si tratta, anche qui, d’insegnare a tenere gli occhi aperti sul mondo. Si tratta di imparare a riconoscere e valutare il male e l’ingiustizia là dove vengono compiuti, di saper inchinarsi davanti agli eroi e ai santi e di riuscire a far memoria e tesoro di ogni vita data per un amore più grande. Shahbaz Bhatti, questo ha fatto, da cristiano. Raccontarlo e farlo capire e amare è giusto, nasconderlo è sbagliato.