Al Colle. Bentornato, presidente Mattarella
Ci voleva tanto? È un po’ il concetto che prevale nei commenti "popolari" alla rielezione di Sergio Mattarella, che poco o nulla hanno a che fare con argomenti politici o sottigliezze da analisti. Si tratta più di un moto di sollievo diffuso dopo giorni di apnea nazionale, nei quali da italiani inquieti abbiamo assistito al profilarsi delle più svariate soluzioni per la successione a quello che in fondo molti italiani (la grande maggioranza, a occhio) avrebbero preferito non dovesse traslocare dal Quirinale proprio adesso. Tutti abbiamo sperato che "facessero presto", ma soprattutto che facessero bene, dove "bene" equivale a "trovare uno più simile che si può" a Mattarella. Ed è certo impossibile trovarne uno più simile a lui di lui medesimo.
Dalle avvisaglie di una notte come quella di venerdì, quando un accordo pareva remoto, è seguita un’altra alba di incertezze, e poi l’improvvisa presa d’atto che il capo dello Stato uscente era davvero la soluzione migliore per il Paese adesso – tra altre pur ottime candidature –, come in un risveglio generale davanti alla realtà dei fatti.
Ma si sa che nella vita per giungere alla meta non sempre è possibile prendere la via più diretta: prima occorre sbagliare strada, cercare, perdersi di nuovo, chiedere consiglio, fermarsi a riordinare le idee, anche litigare sulla direzione da prendere. Per scoprire poi che l’obiettivo di tanta ricerca era già chiaro – e inconfessabilmente desiderato – sin dalla partenza. Di certo a noi che non abbiamo votato. E per motivi assai più umani che politici. Se i "grandi elettori" hanno dovuto consumare tutti i loro faticati passi per trovare la via del Colle chiedendo al presidente di restare dov’è, noi "grandi cittadini" – non tutti, certo, ma tanti – in fondo sapevamo sin dall’inizio che la soluzione c’era già.
Lo sapevamo per una consapevolezza profonda che in questi anni – e nel tempo del Covid con particolare forza – si è incisa nella nostra coscienza: quando il viaggio condiviso si fa impervio appare chiaro a tutti che occorre tirar fuori il meglio di noi. Ci siamo visti e sentiti a tal punto sfidati da una realtà spigolosa da diventare molto più esigenti verso chi ci rappresenta, allergici a personalismi, retorica, toni esacerbati, polemiche, faziosità. Più che saperlo, lo avvertiamo vero. Ma occorre che ci sia chi, dando un volto a questa percezione collettiva, dia concretezza alla volontà di essere più forti di ogni avversità, rovescio, divisione.
E in Mattarella il Paese sa di aver trovato sempre – e sempre di più – quella presenza all’altezza dei tempi che chiedevamo a noi stessi, una sintesi di ciò che sappiamo necessario ora. Lo specchio di chi vorremmo essere, a prescindere da differenze di carattere e idee: serietà, rigore, concretezza, sobrietà, discrezione, rispetto delle regole, determinazione, empatia, senso della comunità, lungimiranza, ottimismo, saggezza, spirito di sacrificio, dedizione al servizio, essenzialità...
Serve poter alzare lo sguardo e trovare qualcosa di tutto questo, una conferma che essere così è possibile. Per i suoi imperscrutabili percorsi il Parlamento ci ha restituito il nostro ritratto migliore. Ed è una bella spinta alla speranza che tutti abbiamo di farcela. Bentornato, Presidente.