Non riesco a scordarla, e se l’avete vista non la dimenticate neanche voi. l’orsa che allatta i suoi due cuccioli, nel bosco del Trentino. Tozza, larga e grossa, arriva dalle nostre spalle, la vediamo quando entra nel cono di ripresa della telecamera nascosta, fa tre-quattro passi, ed ecco spuntare dall’ombra due cuccioli, hanno visto la madre e le corrono incontro. La madre si ferma, sa cosa vogliono quei due. Vogliono mangiare, cioè succhiare latte. Son già pronti, uno alla sua destra e uno a sinistra. La madre ha un radiocollare intorno al collo, color rosso fiamma, nell’ombra luccica.
Gira il collo verso destra e scruta nel bosco, lo gira verso sinistra e scruta ancora, credo che voglia assicurarsi che non ci siano nemici, cioè uomini. Perché mentre offre il latte ai figli è indifesa, chiunque può aggredirla. Non c’è nessuno, e allora l’orsa si lascia cadere sulla schiena, pancia all’aria, e i piccoli s’avventano, succhiano immediatamente. Il pranzo dura un minuto e mezzo, due minuti, non di più. Il filmato finisce.
Siamo nel fitto del bosco trentinobellunese, dove sorgono le Dolomiti che l’Unesco ha proclamato patrimonio dell’Umanità. Conosco questo bosco da tanti anni. Qui ho comandato un plotone di alpini del Settimo, ho dormito in tenda, ho attraversato questi boschi in tutte le direzioni, potrei dire di conoscere alberi e animali uno per uno. Ma fino a quindici anni fa, poi è cambiato tutto. Fino a quindici anni fa non c’era quest’orsa né altri orsi, adesso ce ne sono una quindicina, e quest’anno sono nate tre cucciolate, per citare soltanto quelle filmate. Il medico di Zoldo Alto mi dice che un mese fa un orso ha fatto una scorribanda notturna fino alle prime stalle, ha mangiato mezzo asino, è tornato dopo una settimana e ne ha mangiato un altro mezzo. Non è stato visto né filmato, ma ha perso dei peli strisciando contro i rami, li hanno esaminati, non domandatemi come, e hanno stabilito che è in buona salute. Dunque ritornerà.
Qui nello Zoldano c’è una malga in alta quota, si chiama Pramper, non ci si va in auto perché la strada scassa la macchina, c’è una navetta, una signora porta su e riporta giù i turisti per pochi euro, ci son salito anch’io e ho visto che la signora teneva nell’abitacolo un agnellino appena nato. «Perché non lo lascia a casa?» ho chiesto.
«Perché quella se lo porta via» ha risposto, puntando il dito al cielo.
Guardo in su. E vedo un’aquila, che «distende / in tarde ruote digradanti il nero / volo solenne».
Alla malga son tutti con gli occhi e i binocoli al cielo, incantati. Son tornate le aquile, volano silenziose come droni, e se vedono una preda facile, anche le galline vanno bene, scendono in verticale come una bomba, agganciano la vittima con gli artigli e risalgono a colpi di scapole. Quando facevo l’alpino, qui non si vedevano. Erano più a Nord, al confine con l’Austria.
Adesso sono scese. Perché sono più numerose. Un mese fa, di sera, qui nel Bolzanino un turista ha sbattuto in piena strada contro un orso, lui guidava un’Alfa 159, l’orso è rimasto stecchito, ma l’auto s’è sfracellata. Ignoro come si comporti in casi come questo l’assicurazione. C’è un’assicurazione contro gli orsi?
No? Se gl’incidenti si ripetono, la metteranno.
Questi boschi fra Italia e Austria sono pieni di lupi, di volpi e di linci. Le volpi le vedi anche in pieno giorno, passano tra casa e casa trotterellando a bassa velocità, per farsi seguire dai piccoli, che devono imparare dove si trova il cibo. I lupi non si mostrano. Li fotografano di nascosto con telecamere, poi vanno a raccogliere i peli per vedere se covano qualche malattia.
Fino a quindici anni fa sulla Natura l’uomo spadroneggiava, gli animali scappavano. Ora tornano. È una Natura nuova, non dell’uomo né degli animali, ma di tutti. Com’era appena creata.