Il direttore risponde. I beni d’arte e la mano chiusa
direttore Ufficio Arte sacra e Beni culturali diocesi della Spezia-Sarzana-Brugnato
Credo che anche la sua garbata e accorata protesta, caro don Paolo, sia un promemoria molto efficace tanto per il Parlamento quanto per il governo e, in particolare, per l’oberatissimo neoministro dei Beni culturali.
Massimo Bray siede su quella che, ormai da anni, è diventata una delle poltrone più scomode del governo nazionale: un patrimonio immenso da tutelare e valorizzare, risorse scarse da amministrare, sensibilità politiche obiettivamente mediocri, ipersensibilità degli addetti ai lavori proverbiali eppure (non sempre, ma quasi sempre) motivate. La sua è una sottolineatura di grande utilità perché dimostra che in tempi di vacche magre e di mungiture forzate, come pure di supponenze altezzose, si è arrivati al punto non solo di disprezzare e lasciare troppo soli i 'custodi' dei piccoli e grandi beni d’arte e di fede che impreziosiscono anche gli angoli più remoti del nostro bellissimo Paese rendendolo semplicemente unico, ma anche di frustrare – o, comunque, di rendere più gravoso – lo sforzo delle parrocchie (come di altre realtà territoriali) per preservare opere e manufatti che sono testimonianze della storia e dell’identità delle nostre comunità locali. È quasi incredibile che uno Stato che tiene chiusa la 'mano che dà' perché fa fatica o deve rinunciare del tutto a finanziare direttamente attività di restauro e conservazione del patrimonio artistico, tenga invece aperta la 'mano che prende' per reclamare più Iva su quelle stesse attività.
Finendo spesso per paralizzarle, mortificando per sovrappiù professionalità che, come lei rileva, in molti casi sono garantite da giovani e donne con eccellenti percorsi formativi e animati da autentica passione. È proprio così: anche in questo cruciale settore rischia di allargarsi sempre più una lucida e amarissima paralisi. In attesa di tempi migliori, che però non vengono da soli, e di risorse da investire, che vanno una buona volta scovate con continuità e mobilitate.
Magari usando con convinzione ed equilibrio proprio la leva di rigorose, sensate e robuste agevolazioni fiscali. Lo Stato se non riesce a sostenere, può almeno impegnarsi a non penalizzare e demotivare.