Stop ai corporativismi vaccinali. Basta soltanto una priorità
La Regione Campania ha fatto appena in tempo ieri a correggersi: i giornalisti non verranno vaccinati prima delle persone fragili, come era stato invece comunicato solo tre giorni fa, accogliendo una richiesta dell’Ordine regionale. Un ripensamento salutare, che ha scongiurato l’ipotesi di vedere messi in sicurezza prima chi fa il nostro stesso mestiere (e magari è in ottima forma), rispetto a centinaia di migliaia di malati cronici e ragazzi con gravi disabilità, a serio rischio di morire se colpiti dal Covid. Un’ipotesi inaccettabile sotto il profilo etico e tuttavia emblematica di una concezione piuttosto 'corporativa' dilagata, purtroppo, in diversi modi e medesima intensità nelle ultime settimane.
La questione in effetti non riguarda solo i giornalisti. Assieme e prima di loro, infatti, anche gli avvocati hanno ottenuto corsie preferenziali per la vaccinazione. E così pure i docenti universitari, tutto il personale scolastico, amministrativi compresi, categorie che in molte Regioni hanno sopravanzato non solo malati e disabili, ma anche parecchi degli 80enni e 90enni che sono tuttora in attesa che da portali e servizi inefficienti parta finalmente il messaggio con la convocazione. È vero: fino a due giorni fa non si poteva somministrare il vaccino AstraZeneca agli ultra 65enni e dunque era opportuno utilizzarlo per uomini e donne più giovani e in salute.
Ma certo è un paradosso la vaccinazione di massa degli insegnanti proprio mentre le scuole vengono chiuse e si torna alla Didattica a distanza quasi dappertutto. E che dire delle Università, dove nella gran parte degli atenei non si tengono lezioni in presenza da un anno?
Il dilemma etico, in effetti, è se privilegiare nella immunizzazione chi è a maggior rischio di perdere la vita o coloro che svolgono un lavoro considerato essenziale. Finché si è trattato di assegnare il primo posto al personale sanitario, nessun dubbio: senza medici e infermieri saremmo tutti spacciati. Ma poi? Se ci si riferisce alle attività che la legge stabilisce quali 'servizi pubblici essenziali' perché garantiscono ai cittadini l’esercizio di diritti costituzionali, oltre ai docenti e alle forze dell’ordine, andrebbero vaccinati in via prioritaria i ferrovieri, gli addetti ai trasporti cittadini, i netturbini, tutto il personale degli enti locali e dell’amministrazione giudiziaria. Prima dei settantenni, la seconda fascia d’età per mortalità da Covid? Quanti decessi in più dovremmo mettere in conto a questa opzione?
Ci sono poi lavoratori del comparto privato che assicurano un servizio pubblico, come sono appunto i giornalisti. Ma siamo certi che in una pandemia sia più essenziale il loro (il nostro) lavoro di quello di badanti che garantiscono assistenza a un milione di anziani non autosufficienti? E che dire delle commesse dei supermercati, le persone più esposte al rischio contagio dall’inizio della pandemia, senza le quali durante i lockdown non potremmo compiere acquisti essenziali? Anziché addentrarsi nel dedalo delle categorie e professioni da considerare 'in via prioritaria', allora, non sarebbe più giusto e opportuno procedere semplicemente per fasce d’età e indici di rischio dei cittadini?
Una risposta indiretta, ma eloquente, a molte di queste domande l’ha fornita ieri mattina il presidente della Repubblica, che ha atteso la chiamata della sua classe d’età per vaccinarsi all’ospedale Spallanzani di Roma. Il suo ruolo istituzionale, il più alto della Repubblica, avrebbe giustificato senza ombra di dubbio – e in altre nazioni è stato così – una scelta diversa.
Per qualcuno perfino necessaria, data la funzione pubblica svolta, che è davvero essenziale. Sergio Mattarella, però, ha detto da subito chiaro e tondo che si sarebbe vaccinato e che questa era la cosa giusta da fare per sé e per gli altri, ma che il suo diritto di vaccinarsi non poteva essere superiore al diritto di ogni altro cittadino in una condizione uguale o maggiormente a rischio della sua. Non è solo il rispetto formale del principio di uguaglianza scolpito nella nostra Costituzione.
Ma la convinzione profonda che ad essere 'più uguali degli altri' siano solo le persone fragili, oggi le più deboli di fronte al virus. La difesa della vita e della salute, il riconoscimento della dignità di ogni persona, prima di qualsiasi altra legittima preoccupazione politica, sociale ed economica. Un monito silenzioso, nel segno dell’equità, nel quale ci riconosciamo e possiamo ritrovarci tutti.
P.S. Sosteniamo, naturalmente, l’Ordine dei giornalisti nell’impegno a tutela del libero e responsabile lavoro della categoria. Ma non sottoscriviamo nessuna richiesta di vaccinazione prioritaria. Non in nome nostro.