Anticipazione del libro di Renzi. Basta errori su identità e radici
Pubblichiamo una breve anticipazione del libro scritto dal segretario del Pd, Matteo Renzi "Avanti. Perché l’Italia non si ferma" pubblicato da Feltrinelli editore
La parola “identità” è una parola positiva, non negativa. Identità non è il contrario di integrazione: il contrario di integrazione è disintegrazione. Senza identità non è possibile alcuna apertura. Senza identità la contaminazione sarebbe annullamento.
Un’anticipazione del libro del segretario del Pd Pubblichiamo una breve anticipazione del libro scritto dal segretario del Pd, Matteo Renzi 'Avanti. Perché l’Italia non si ferma' pubblicato da Feltrinelli editore. La parola “identità” è una parola positiva, non negativa. Identità non è il contrario di integrazione: il contrario di integrazione è disintegrazione. Senza identità non è possibile alcuna apertura. Senza identità la contaminazione sarebbe semplicemente annullamento. Può dialogare, contaminare e farsi contaminare chi ha un’identità forte, della quale non si vergogna. Chi viene qui deve fare i conti con la nostra identità. Che è innanzitutto identità culturale, civile, spirituale, sociale.
E in questo senso trovo fantastico che un grande professore di diritto internazionale come Joseph Weiler, tra l’altro di fede ebraica, abbia spiegato nel modo più lucido possibile la necessità di difendere la radice “cristiana” dell’Europa. Necessità che non si riferisce neppur lontanamente alla preclusione della libertà di culto, diritto ovviamente sacrosanto; ma al dovere di preservare e rivendicare con orgoglio la cultura che permea il nostro continente. Joseph Weiler, che ha un’esperienza di tutto rispetto, dalla docenza alla New York University alla presidenza dell’Istituto universitario europeo di Fiesole, ha scritto un saggio – per il quale ringrazia tra l’altro alcuni giovani professori come Andrea Simoncini e Marta Cartabia, quest’ultima oggi giudice costituzionale – di un’attualità impressionante, dal titolo 'Un’Europa cristiana. Un saggio esplorativo'. Weiler immagina cosa possa provare una persona che arriva per la prima volta in Europa: vedrebbe una “babele di differenze” per il clima, la lingua, il cibo, la geografia, l’identità. Ma anche alcuni tratti in comune, a cominciare dalla croce cristiana nei cimiteri; dalle chiese nei singoli paesi, anche i più piccoli, e vedrebbe infine come «l’influsso cristiano sulla nostra cultura europea è semplicemente schiacciante» al punto da invadere tutto nell’arte, nella musica classica, nell’architettura, nella poesia, nella letteratura.
Avere rifiutato di menzionare le radici cristiane dell’Europa appare dunque un tragico errore che, in nome di un astratto principio di rispetto multiculturale, ha impedito una definizione più precisa della nostra identità. Quasi che avessimo paura a definirci per quello che siamo dal punto di vista oggettivo della cultura continentale, non certo dal punto di vista soggettivo del culto individuale.
E la cosa stupefacente è che il messaggio di Weiler è del 2003. Cosa ha fatto in quasi quindici anni l’Europa? Temo che si sia occupata d’altro. Questa sfida interpella la politica. Ma non si impone nel chiacchiericcio politico dei talk show: infatti, non troverò mai una trasmissione televisiva disponibile a fare un ragionamento su questi temi che, tenendo insieme il diritto allo ius soli temperato, le argomentazioni sull’Europa cristiana, il bisogno di controllare gli arrivi in Italia e la necessità di cambiare il regolamento di Dublino dopo gli errori del 2003 e 2013, arrivi a enunciare la centralità degli investimenti educativi e culturali, dunque identitari.
Non mi sarà possibile discutere di questi temi in modo civile e pacato se, insieme a me, gli invitati saranno Matteo Salvini, Beppe Grillo o i suoi portavoce. Eppure è su temi di questo genere che si gioca il futuro della nostra società. Quello che mi interessa affermare, tuttavia, è che su questi temi la sinistra italiana può e deve fare una riflessione ulteriore, come il ministro dell’Interno Marco Minniti ha più volte proposto, affrontando l’indissolubile nesso tra la questione democratica e il tema della sicurezza del Paese.