Opinioni

Barelli beata. La generatività ecclesiale e civile della "sorella maggiore" d'Italia

Claudio Giuliodori sabato 20 febbraio 2021

Armida Barelli è la donna che nel travaglio della prima metà del Novecento è riuscita a trasformare sogni impossibili in realtà concrete e feconde a servizio della Chiesa e del Paese. Ha saputo dare a generazioni di donne italiane il coraggio di prendere in mano la loro vita, di uscire dalle mura domestiche e di assumere ruoli da protagoniste nella vita ecclesiale e sociale, fino a diventare determinanti, anche grazie al voto, nel plasmare il volto repubblicano dell’Italia dopo la seconda guerra mondiale.

Impressionanti, per quantità e qualità, le opere che ha realizzato sospinta da una fede incrollabile nel Sacro Cuore e sostenuta da un fecondo sodalizio spirituale e culturale con padre Agostino Gemelli, iniziato a partire dal 1910. In un Paese che usciva sconvolto dalla Prima guerra mondiale, Armida Barelli nel gennaio del 1918 riceveva dal cardinal Ferrari, arcivescovo di Milano, il compito di dare vita nelle parrocchie della diocesi ad un movimento femminile collegato all’Azione Cattolica. Visti i risultati ottenuti in pochi mesi a Milano, Benedetto XV le affida il compito di far nascere la Gioventù femminile di Azione Cattolica in tutte le diocesi italiane.

Un compito immane che assume con grande trepidazione e solo per la fiducia che nutre nel Signore e nei Pontefici, che frequenta con una certa assiduità e familiarità, soprattutto Benedetto XV e poi papa Ratti, Pio XI. Sostenuta da un carattere volitivo e dotata di un tratto di grande gentilezza e affabilità, comincia a percorrere in lungo e largo il Paese facendo germogliare in tutte le diocesi e in moltissime parrocchie i circoli della Gioventù femminile italiana, anche superando qualche resistenza di vescovi e parroci.

Cura per trent’anni la formazione spirituale e l’impegno civile di milioni di donne, senza cedere neppure alle pressioni e al tentativo di controllo del fascismo. Nella relazione fatta nel 1938 alla grande adunata per i 20 anni della Gioventù femminile, può già vantare: 15.700 associazioni; un milione di socie, grandi e piccine; 20 milioni raccolti per le Missioni, 18 per l'Università Cattolica, 5 per i seminari, un milione di testi di catechismo donati annualmente, una miriade di opuscoli per la formazione religiosa e liturgica.

Negli stessi anni prendeva forma l’Università Cattolica a lungo sognata e desiderata dai cattolici italiani. In modo particolare dal beato Giuseppe Toniolo che nel settembre del 1918, sul letto di morte, affida tale compito al Gemelli e alla Barelli. Nel giro di tre anni vengono create le condizioni per la nascita di quell’Ateneo che oggi, a cento anni dalla fondazione, avvenuta il 7 dicembre del 1921, con le sue 5 sedi, 12 facoltà e oltre 45 mila studenti, rappresenta una delle istituzioni accademiche e culturali più importanti del Paese. Senza il determinante contributo di Armida Barelli, la “Cassiera”, la cui unica cassa era la Provvidenza, forse l’Università Cattolica non sarebbe mai decollata. Fu lei a convincere Pio XI a indire dal 1924 l’annuale giornata a sostegno dell’Ateneo dei cattolici italiani.

Ma la vera forza della Barelli veniva dalla preghiera e dalla profonda spiritualità francescana che animava tutta la sua vita. Mentre dava corpo alle tante imprese la sua prima e fondamentale attività restava la cura della vita spirituale e la premura per la santificazione sua e di tutte le persone a lei affidate. Ad Assisi con padre Gemelli, nel 1919, avvia una nuova e singolare forma di vita basata sulla consacrazione nel mondo, fondando quello che poi diverrà l’Istituto secolare delle Missionarie della Regalità di Cristo.

La beatificazione della "sorella maggiore", come amava farsi chiamare dalla gioventù femminile, sarà l’occasione per riscoprirne la grandezza umana e la singolare santità. La Chiesa e il Paese le sono riconoscenti perché ha contribuito in modo decisivo a formare quelle generazioni di donne e di uomini che, attraverso la vita familiare, religiosa, culturale e civile, hanno costituito l’ossatura portante della rinascita del Paese negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento. La sua santità più che sugli altari risplende nella storia del Paese e ancora oggi ne raccogliamo i frutti. Per questo accogliamo con immensa gioia la notizia che “Sorella Maggiore d’Italia” diventerà beata.

Vescovo, Assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore