Azzardo. Quella “tassa sui poveri” che affascina anche giovani ricchi
La vicenda dei calciatori di Serie A accusati di scommettere su siti illegali, squarcia il velo di tante ipocrisie. La prima è che l’azzardo legale è il migliore strumento per combattere quello illegale, in mano alle mafie. Più sale scommesse legali e meno bische illegali. Falso. L’inchiesta che ha fatto emergere i nomi di noti calciatori è partita a Torino da un’agenzia di scommesse regolari dove però era possibile puntare anche su siti illegali. Casi analoghi sono stati scoperti a decine in molte inchieste sugli affari delle mafie sull’azzardo. Anche in una del 2021 sugli affari di Matteo Messina Denaro.
«Non si tratta di bische clandestine. Sono un mix tra legale e illegale, e il primo è una copertura per il secondo», ci disse un investigatore della Finanza. Luoghi dove scommette illegalmente chi non può farlo legalmente. Le mafie per riciclare i propri soldi, ma anche sportivi ai quali è vietato scommettere sul proprio sport. E invece lo fanno. Anche per questo chi ora si stupisce è di scarsa memoria e di molta ipocrisia. Ricordiamo l’inchiesta di Cremona su tante partite manipolate, nella quale, ci disse il Gip Guido Salvini, «sono emersi moltissimi casi di giocatori anche famosi che erano veramente malati di scommesse». Allarme evidentemente inascoltato. Frequentare l’azzardo illegale mette in contatto con tante altre illegalità, con mondi oscuri, che poi possono approfittare di dipendenze e debolezze, allettando e poi ricattando. E se queste sono le pericolose debolezze di big della Serie A, sono ancora più pericolose quelle dei giocatori delle Serie inferiori. Giovani e giovanissimi, ancor più deboli di fronte a proposte illegali. Qui davvero il confine tra lecito e illecito è molto labile.
Non poche volte sono gli stessi presidenti di società a scommettere per risanare le casse obbligando i propri giocatori a “vendersi” le partite. Mondo dell’azzardo e mondo del calcio vanno da anni sotto braccio. Fin ai livelli più alti. Ricordiamo quando nel 2016 la stessa Nazionale scelse come sponsor uno dei big delle scommesse. Avvenire titolò “Azzurro vergogna”. Alla fine la sponsorizzazione venne annullata. Ma uno dei vertici della Federcalcio ci disse: «Senza i soldi delle scommesse il calcio è morto». È poi arrivata la legge che vieta la pubblicità dell’azzardo e le sponsorizzazioni.
Così i marchi dei concessionari di scommesse sono scomparsi dalle magliette dei giocatori. Ma non da tutte. Restano su quelle da allenamento, tranquillamente inquadrate in tante trasmissioni tv dove spesso le quotazioni delle partite accompagnano commenti e interviste. Questo è il mondo dove giocano, crescono professionalmente e, si spererebbe, umanamente i giovani calcatori. Invece smanettano sullo smartphone e scommettono migliaia di euro. In fondo sono in buona compagnia. Solo a settembre gli italiani hanno scommesso in agenzia e on line circa 1,9 miliardi di euro, con un incremento del 22% rispetto allo stesso mese del 2022. E nello stesso mese addirittura 4,7 miliardi sui casinò on line (anche questi frequentati dai calciatori). Un affare che non conosce crisi, anzi che ci guadagna dalle difficoltà economiche. “La tassa sui poveri”, è stata più volte definita. Ma anche sui ricchi giovani calciatori.