Enti locali. Autonomie da rafforzare su due livelli: democrazia e servizi ai cittadini
Caro direttore, condivido con lei e con i lettori di “Avvenire” qualche rapida riflessione a margine dell'intervento di Giampaolo Rossi (24 marzo 2023) sulla riorganizzazione delle Province, condividendo il ruolo essenziale delle amministrazioni locali anche per migliorare i servizi pubblici. Sì a una riforma delle autonomie locali che finalmente attui il riassetto avviato nel 1990 e poi delineato organicamente con la modifica costituzionale del 2001, restata però senza seguito, anzi contraddetta da vari interventi erratici e fuorvianti, come quello sghembo e improvvido del 2014, che avrebbe voluto svuotare le Province, anticipando una revisione della Costituzione poi non a caso bocciata dagli elettori anche per via di taluni passi indietro nell'assetto delle istituzioni territoriali. La priorità è oggi quella di riprendere il disegno autonomistico del nuovo titolo V, finalizzato a concretare il principio fondamentale dell'art. 5 della Carta, applicando la sussidiarietà e rafforzando il più possibile un ruolo delle varie autonomie compatibile con l'unità del sistema repubblicano. Affidando, in sostanza, alle Regioni compiti per lo più legislativi e di supporto del sistema locale e a Comuni e Province, con la variante delle Città metropolitane, le scelte amministrative e la gestione dei servizi di base o di area vasta.
La prospettiva è di decentrare soprattutto l'amministrazione pubblica, valorizzando il distinto ruolo delle istituzioni comunali e provinciali o metropolitane, le prime legate a funzioni di prossimità, le seconde a compiti significativi in materia anzitutto di infrastrutture, tutela ambientale e sviluppo socioeconomico locale. D'altra parte, sia Comuni sia Province sono non a caso riferimenti istituzionali essenziali in Costituzione in quanto espressione di unità comunitarie di diverso livello storicamente consolidate, in cui si manifestano, a diverso titolo, identità e appartenenza dei cittadini e si articolano la loro vita e le normali relazioni. Il senso dell'appartenenza è del tutto evidente per la dimensione comunale, di qui l'impossibilità di realizzare accorpamenti forzosi dei piccoli Comuni, cercando invece la strada del consenso con incentivi per eventuali fusioni, evitando di imporre ambiti ottimali a tavolino. Ma il senso di appartenenza vale anche per la dimensione provinciale, che si realizza nelle stabili relazioni e nelle dinamiche che caratterizzano il rapporto tra un capoluogo e il territorio circostante, rapporto che si diversifica solo nelle aree fortemente conurbate, dove sono state non a caso istituite le Città metropolitane. Per cui, ad esempio, in Lombardia ciascuna realtà provinciale ha certamente una sua specifica identità, a parte il Milanese.
Di qui il volto comunitario delle istituzioni che debbono rappresentare chi vive stabilmente nel territorio, dimodoché le scelte da operare siano affidate alla responsabilità di organi eletti dai residenti, ridimensionando anche le ricorrenti propensioni a creare enti strumentali che non rispondono direttamente ai cittadini. Di qui anche l'esigenza di individuare le funzioni locali da affidare a Comuni, talora associati, e Province o Città metropolitane, a partire da quelle qualificabili come fondamentali per la tenuta del sistema. In tal senso andrebbe al più presto ripreso e approvato il progetto già elaborato dopo la riforma del 2001 e di recente in larga misura attualizzato dalla Commissione Pajno, istituita alcuni anni fa dal Ministro dell'Interno. E andrebbe nel contempo definito, anche con il supporto del Pnrr, un piano per ripristinare una adeguata rete di stabili supporti tecnici comunali e provinciali, indispensabili per poter esercitare un'effettiva autonomia locale, senza dover dipendere da esperti transitori paracadutati da Regioni o Ministeri. Realizzare questa prospettiva – investendo nel contempo sulla formazione di amministratori e cittadini – vorrebbe dire attuare la Costituzione, rafforzando la democrazia sostanziale e la partecipazione, così come già indicato nel pensiero sturziano e poi anche nella Carta europea dell'autonomia locale.
Giurista, professore emerito di Diritto pubblico e presidente Centro Bachelet della Luiss