Fisco e bevute. Autogol alcolico a Tokyo: un esempio da non imitare
La notizia ha fatto il giro del mondo perché contravviene a ogni regola di buonsenso sanitario e sociale. In Giappone, la National Tax Agency, il corrispettivo della nostra Agenzia delle Entrate, ha lanciato un concorso a premi riservato ai pubblicitari fra i 20 e i 39 anni, affinché elaborino proposte per promuovere il consumo di alcolici fra i giovani. Il bando, aperto dal 14 agosto al 9 settembre, chiede di elaborare non solo messaggi promozionali accattivanti, ma anche di ideare contenitori e forme di etichettatura ad alta capacità seducente.
In particolare si sollecita la creazione di messaggi capaci di promuovere il consumo di bevande alcoliche in ambito domestico, ricordando che si possono sempre ricevere comodamente a casa propria tramite rider. E per ottenere un’alta partecipazione al concorso, l’Agenzia ha fatto sapere che le migliori proposte saranno premiate nel corso di una cerimonia organizzata a Tokyo il prossimo 10 novembre. In più sono previste forme di sostegno pubblico per la realizzazione delle proposte più convincenti. L’Agenzia delle Entrate nipponica sostiene di avere assunto un’iniziativa tanto bizzarra per arrestare la perdita di entrate fiscali sulle vendite di alcolici che da una decina di anni registrano un calo costante.
Per la precisione in Giappone il consumo di bevande alcoliche, birra compresa, è passato da 100 litri a persona nel 1995 a 75 nel 2020 con perdite significative da parte dell’erario. Lo dimostra il fatto che mentre nel 2011 gli introiti sugli alcolici rappresentavano il 3% delle entrate fiscali e nel 1980 addirittura il 5%, nel 2020 contribuivano appena per l’1,7%, facendo registrare una perdita di oltre 8 miliardi di dollari alle casse pubbliche. E gli esperti non hanno dubbi: la 'colpa' è del Covid che non solo ha impedito alla gente di frequentare i locali pubblici, ma l’ha costretta a lavorare da casa.
In Giappone uno dei momenti in cui si assumono alcolici è nel dopolavoro quando ci si intrattiene per fare quattro chiacchiere con i colleghi. Ma il lavoro a distanza imposto dal Covid ha fatto venire meno quest’occasione e i consumi di alcolici sono crollati. Il peggio per l’erario è che ragioni di tipo energetico e climatico rischiano di fare del lavoro a distanza un fenomeno permanente. Nessuno saprà mai se dietro all’iniziativa della National Tax Agency c’è la mano lunga delle lobby giapponese delle bevande alcoliche, che sarà la prima a beneficiare di una pubblicità più aggressiva.
Ma anche se andasse a beneficio esclusivo dell’erario, ci sarebbe ancora molto da discutere. Ciò che proprio non torna è che pur di far cassa lo Stato promuova il consumo di una sostanza tossica, che può far perdere la padronanza di sé e indurre dipendenza. In Italia lo abbiamo già messo in evidenza quando abbiamo condotto la nostra battaglia contro la pubblicità del gioco d’azzardo: non c’è ragione finanziaria che possa giustificare la promozione di pratiche e sostanze che danneggiano la salute delle persone, l’armonia delle famiglie, l’equilibrio sociale.
Tanto più che per lo Stato si tratta sempre di una vittoria di Pirro: quanto incassa sotto forma di imposta sui consumi nocivi lo deve rispendere, moltiplicato, sotto forma di spesa sanitaria, di spesa sociale e di spesa per ordine pubblico. Oltre che per motivazioni di rispetto umano e sociale, la scelta giapponese non può essere approvata anche per una ragione politica che ha a che fare con la funzione del prelievo fiscale. Il fisco, e la nostra Costituzione lo dice bene, non è solo come un mezzo per garantire denaro alle casse pubbliche. Le finalità sono sempre almeno altre due: solidarietà e redistribuzione della ricchezza in un’ottica di equità. Non a caso la nostra Carta indica come criterio principe la progressività, da attuarsi non solo sulle forme di prelievo diretto, ma anche indiretto riguardanti i consumi. Un criterio che in tempo di campagna elettorale tutte le forze politiche farebbero bene a tenere presente invece di lasciarsi andare a promesse mirabolanti che oltre a essere fasulle sul piano della sostenibilità finanziaria sono anticostituzionali.
Ma oggi che la crisi ambientale è evidente in tutta la sua gravità, è urgente attribuire al fisco anche la funzione di orientamento dei comportamenti affinché famiglie e imprese compiano scelte rispettose della «casa comune». Le imposte sui consumi vanno modulate in modo da incoraggiare i comportamenti virtuosi e scoraggiare quelli dannosi. In questo solco, ad esempio, si iscrive la tassa sul carbonio, più nota come Ets, imposta alle imprese in ambito europeo per contenere le emissioni di anidride carbonica. Ma molte altre varianti andrebbero introdotte per scoraggiare i consumi superflui e incoraggiare, al contrario, la preferenza per imballaggi leggeri e riciclo dei materiali. Alla fine la grande decisione che dobbiamo prendere è sempre la stessa: dobbiamo scegliere se privilegiare denaro e potere o persone e creato. Una scelta che si impone soprattutto quando parliamo di tasse e di spesa pubblica.