Opinioni

Tecnologie. Attenti alla "giustizia predittiva". L'oracolo è nodo non risposta

Vincenzo Ambriola sabato 20 agosto 2022

Le tecnologie digitali propiziano sviluppi anche ben poco convincenti Uno degli ultimi atti del governo Draghi è stato l’emanazione dello schema di decreto legislativo in attuazione della legge di riforma del codice penale (134/2021). Nella relazione illustrativa del decreto (disponibile sul sito del Ministero di Giustizia) si trovano numerosi elementi relativi all’uso delle tecnologie digitali per attuare questa importante riforma. Prendendo spunto da questi elementi è auspicabile (ri)aprire il dibattito sulla cosiddetta giustizia predittiva. In estrema sintesi e in termini molto generali, si può immaginare la giustizia predittiva come un 'oracolo' capace di emettere una sentenza virtuale, prevedendo la sentenza reale che sarà emessa da un giudice, al termine di un procedimento giudiziario di qualsiasi natura (penale, civile, tributaria, amministrativa).

Un requisito essenziale stabilisce che l’oracolo possa accedere a tutte le informazioni disponibili al giudice stesso (atti del procedimento, giurisprudenza, massimari, sentenze emesse in precedenza). Prima di addentrarci nell’analisi di questo oracolo è bene premettere che si tratterà di un classico 'esperimento mentale', volto a capirne le implicazioni etiche e sociali. Come si affronta il problema della realizzazione dell’oracolo? Quali solo le finalità, la sostanza e le forme di controllo?

Le finalità possono essere prese in esame da due prospettive diverse, che corrispondono grosso modo ai potenziali utenti dell’oracolo: magistratura e avvocatura. La magistratura è la componente maggiormente coinvolta, in quanto l’oracolo potrebbe affiancare, imitare e (a lungo termine) sostituire il giudice. Si può facilmente affermare che la reazione immediata, spontanea e naturale a questo scenario sarebbe fortemente ne- gativa, supportata da rigorose considerazioni costituzionali. L’avvocatura potrebbe considerare l’uso dell’oracolo come strumentale alle sue attività giudiziarie. Avendo a disposizione il responso dell’oracolo, la difesa potrebbe elaborare una strategia diversa da quella seguita fino ad allora. Non è irragionevole pensare, inoltre, a scenari in cui la difesa può consultare ripetutamente l’oracolo, variando la documentazione da presentare nel dibattimento. Passiamo alla sostanza.

Sempre in termini molto generali, l’oracolo potrebbe essere realizzato secondo tre modalità diverse: umana, artificiale, sovrannaturale. Escludendo la prima (sarebbe la mera replica di un giudice) e la terza (non avrebbe le indispensabili caratteristiche scientifiche e razionali) resta solo la seconda, che tira in ballo le tecnologie digitali. Ancora una volta l’informatica si troverebbe coinvolta nella realizzazione di un’entità che avrebbe uno sconvolgente impatto etico e sociale. Un esauriente approfondimento di questo tema è presentato nel recente saggio di Giovanni Maria e Caterina Flick ('L’algoritmo d’oro e la torre di Babele', edito da Baldini+Castoldi).

In concreto, come si può realizzare un oracolo digitale? Per prima cosa si rileva che l’oracolo non potrebbe essere ragionevolmente un’entità monolitica, ma un sistema complesso formato da un oracolo maggiore e una federazione di oracoli minori. Il primo sarebbe incaricato di scrivere la sentenza virtuale e tutti gli altri incaricati di raccogliere informazioni e metterle a disposizione, in maniera strutturata e ragionata, all’oracolo maggiore. Ricordiamoci, infatti, che l’oracolo deve emettere non solo il dispositivo della sentenza (ovvero la pena o, in generale, la decisione) ma anche, e soprattutto, le relative motivazioni. Il tutto in un linguaggio tecnico e giuridicamente ineccepibile.

Passando a un ambito più concreto, si possono identificare le principali tecnologie digitali necessarie a realizzare una 'federazione di oracoli': banche dati marcate semanticamente, ontologie e motori di inferenza simbolica, reti neurali di diversa natura e complessità. Si tratta di tecnologie fortemente pertinenti all’Intelligenza artificiale, sia per le funzionalità di riconoscimento di schemi ricorrenti (apprendimento automatico) che per quelle di ragionamento deduttivo e abduttivo. L’ultimo aspetto da considerare è relativo al controllo: chi avrà la responsabilità di verificare la correttezza formale e sostanziale delle sentenze emesse dall’oracolo? La domanda non ha una sola risposta. Si potrebbe pensare a un meccanismo che mima ciò che accade con le sentenze reali: il ricorso a un livello più alto di giudizio, eventualmente ricorrendo a un altro oracolo.

Ma così facendo ci si addentra in un mondo sconosciuto, senza più punti sicuri di riferimento. Al termine di questa analisi viene immediato chiedersi se siamo pronti a realizzare una giustizia predittiva. La risposta è negativa per molte ragioni: la quantità e la complessità delle informazioni utilizzate da un giudice per emettere una sentenza è di grandissime proporzioni. La potenza di calcolo necessaria all’oracolo per elaborare queste informazioni non è ancora tecnicamente disponibile anche tenendo conto delle promesse del calcolo quantistico. Le questioni etiche e sociali poste dalla giustizia predittiva hanno implicazioni profonde e fortemente radicate nel tempo.

Tuttavia, il solo fatto che allo stato attuale le tecnologie digitali e alcuni presupposti giuridici stanno evolvendosi rapidamente (a solo titolo di esempio, la costituzione dell’Ufficio per il Processo) si rende necessario e non procrastinabile un dibattito sereno e approfondito. Nel film 'Minority Report', tratto da un racconto di Philip K. Dick e diretto da Steven Spielberg, la giustizia da predittiva diventa 'preventiva', sfruttando doti sovrannaturali di persone speciali. Un passaggio, totalmente fantascientifico, che non dovrà mai comparire nell’agenda politica della nostra società.

Direttore del Dipartimento di Informatica dell’Università di Pisa