Assegno unico. Cento giorni da usare bene
Cento giorni. Mancano 100 giorni. Da oggi, mercoledì 24 marzo, può partire il conto alla rovescia verso il primo luglio. La data, cioè, in cui in Italia dovrebbe finalmente debuttare l’Assegno unico e universale per i figli a carico. Usiamo il condizionale perché questo impegno, scritto nella Legge di Bilancio (e che di per sé è già un rinvio rispetto alla promessa iniziale del primo gennaio 2021) rischia di conoscere l’ennesimo slittamento. In tal caso si tratterebbe di un messaggio negativo oltre che di un segnale preoccupante.
L’Assegno unico e universale è qualcosa di molto semplice, sull’esempio di quanto già esiste nella maggior parte dei Paesi europei. Si tratta di un benefit pagato a tutti i genitori per ogni figlio a carico, dal settimo mese di gravidanza fino ai 21 anni, con una parte fissa universale e una legata al reddito Isee della famiglia, fino a un massimo di circa 250 euro al mese a figlio. La sua "unicità" dipende dal fatto che dovrebbe riunire in un solo contributo anche le attuali detrazioni per i figli a carico e gli altri bonus legati alla prole. Al di là dei dettagli sulle cifre e sull’importo definitivo, si capisce che questa riforma ha le caratteristiche per essere definita epocale, pur se dovrà necessariamente rappresentare l’avvio di un percorso che metta le famiglie con figli al centro di ogni azione politica e di ogni misura economica, compresa la futura riforma fiscale.
Cento giorni, dunque, possono essere pochi, ma anche moltissimi, a seconda delle priorità che intende darsi la politica di fronte a uno strumento pensato per sostenere economicamente le famiglie con figli e per tentare di contrastare almeno un po’ la crisi demografica che ha investito l’Italia più di altri Paesi. In questo lasso di tempo si deve trovare il modo, infatti, di far approvare la legge delega al Senato e poi predisporre i decreti delegati da sottoporre alle Commissioni prima del via definitivo.
Va detto che una parte del ritardo accumulato può essere imputata al cambio di governo, oltre all’emergenza Covid. L’ostacolo maggiore, al momento, sembra però essere anche un altro, e riguarda le poche risorse stanziate inizialmente, 6 miliardi annui a regime. Questa cifra, è apparso subito evidente, non sarebbe bastata a estendere l’assegno ai lavoratori autonomi e agli incapienti, oltre che al ceto medio cui oggi spettano solo briciole di aiuti, e senza che nessuno degli attuali beneficiari di sostegni abbia a perderne. L’urgenza, dunque, non riguarda solo i tempi da rispettare, ma anche le risorse aggiuntive necessarie, circa 5 miliardi in più.
Il percorso dell’Assegno unico incomincia nel 2014, con la proposta avanzata da Stefano Lepri, con la campagna avviata dal Forum delle famiglie guidato da Gigi De Palo, con il successivo disegno di legge Delrio-Lepri e poi con il Family Act della ministra della Famiglia Elena Bonetti, e la bella e importante convergenza attorno a questo strumento di tutte le forze parlamentari. Proprio nel 2014 su questo giornale avevamo sostenuto la necessità di un bonus-figli universale, considerandolo più importante, utile ed efficace in termini di equità e giustizia sociale di altre misure. La dotazione simbolica di 10 miliardi che sarebbe stata necessaria già cinque anni fa, invece, ha trovato sempre altre strade: il bonus da 80-100 euro del governo Renzi, il Reddito di cittadinanza e Quota 100 del governo Conte 1, fino anche al Cashback di Stato del Conte 2, cui è stata concessa quasi la stessa dote prevista per l’assegno-figli.
I soldi per una riforma importante, insomma, ci sarebbero stati anche prima del governo Draghi. Come ci sono oggi, se si considera quanto debito, buono e cattivo, è stato fatto e quanto se ne farà per fronteggiare l’emergenza-Covid, trasferendone l’onere sulle future generazioni.
Per capire il valore universale e potente di strumenti come l’Assegno, qualora fosse ampio e veramente universale, si può ricorrere a un esempio molto semplice. Immaginiamo che per ogni figlio a carico spettino almeno 220 euro al mese (330 ai più poveri), come è in Germania, e rileggiamo alla luce di questa dotazione possibile tutto il dibattito sui diritti di cittadinanza, sui sostegni per chi ha perso un lavoro precario e ha figli da mantenere, sui ristori per chi ha chiuso temporaneamente l’attività, sui computer da comprare per la Didattica a distanza, sulle risorse per le baby-sitter necessarie in tempi di scuole chiuse... oltre che, ovviamente e soprattutto, sulla necessità di offrire alle coppie che ancora sognano di avere figli e sono sfiancate dall’incertezza, non tanto e non solo un bonus monetario, ma l’idea che la comunità è con loro anche nell’impegno di guardare al futuro con fiducia.
Cento giorni, allora, possono essere pochi, ma anche tanti. Dipende dalle priorità della politica e dalla capacità di un Paese di guardare a cosa può fare la differenza in una stagione come questa e in quella che verrà, dall’onestà di un’autocritica di fronte al dato di fatto che quando si tratta di figli, in Italia, il portafoglio, chissà perché, si stringe sempre invece di espandersi, e anche dalla qualità morale che porta a riconoscere quanto la crisi della pandemia, come tutte le grandi crisi, abbia sfibrato soprattutto le famiglie. Mentre sono state proprio le famiglie le protagoniste di questa nuova "resistenza" che ha impedito al sistema di crollare. Se non deve essere un incentivo, insomma, che l’assegno universale sia almeno un premio. Il conto alla rovescia è incominciato.