Leadership morale anglosassone in crisi. Quell'aspra abdicazione
Siamo tutti parte di una generazione di italiani e di europei cresciuta nel cono di luce dei miti anglo–americani. Stati Uniti d’America e Regno Unito di Gran Bretagna, Usa e Uk, nazioni plurali e sistemi politico-sociali “speciali” in grado di esprimere leadership eroiche ed efficaci nella vittoriosa resistenza ai totalitarismi del Novecento, di vegliare sul consolidamento e la piena riconquista di libertà e democrazia nell’Europa continentale e di seminare con senso politico e filantropico (questo più gli americani dei britannici) semi di solidarietà (magari un po’ ogm) e idee e modelli coinvolgenti. Regni di nome e di fatto – come nella favole e in natura – e percepiti, a torto o a ragione, come moralmente superiori rispetto a quelli del Vecchio Continente, anche quando prendevano letteralmente a sberle certa morale e politica latina e mitteleuropea. Ebbene, ecco il punto, non so quanti di noi, in piena crisi mondiale da coronavirus, oggi affiderebbero salute, vita dei più fragili, destino comune del mondo – o anche solo di quel pezzo di mondo che abbiamo imparato a chiamare Occidente – ai grandi capi di Londra e di Washington.
La realtà è che con incresciosa determinazione e quasi all’unisono, facendo anche baruffa tra loro, i “titolari” delle grandi democrazie anglosassoni hanno abdicato al ruolo ereditato. Hanno abdicato alla leadership morale. Una primazìa con conseguenze, interessi e responsabilità che sinora talvolta qualche leader pro-tempore aveva tradito o mal indirizzato, ma che nessuno mai era arrivato a fare pubblicamente a pezzi come è invece accaduto in questi giorni esigenti e tesi. Boris Johnson, premier britannico e ultimo (e improbabile) discendente della genìa di leader conservatori che ha in Winston Churchill il capostipite, ha impostato la battaglia d’Inghilterra contro il coronavirus con malthusiana, algida sufficienza: qualche centinaio di migliaia di cittadini – soprattutto anziani, disabili, già malati – che moriranno, non valgono per lui la scelta di tenere il più possibile al riparo un popolo-gregge che solo pagando il prezzo della “scrematura” si farà immune. Donald J. Trump dopo aver fatto a lungo finta di nulla, forse illudendosi di aver avuto dal virus un assist decisivo nella guerra commerciale con la Cina, ha lasciato che il suo nome finisse impigliato in un’altra di quelle storie, storielle e storiacce affaristico-politiche che non ne hanno intaccato più di tanto la popolarità in patria, ma ne costellano sempre più la presidenza agli occhi dell’opinione pubblica mondiale. La storia stavolta è quella di un presunto tentativo di deviare dalla Germania verso gli Usa, accaparrandosela, una delle più promettenti linee di ricerca del vaccino per Covid-19. Di certo c’è l’imbarazzante accusa e un subitaneo cambio al vertice della società coinvolta, imbarazzate smentite e l’approdo della questione sul tavolo di un redivivo G7 con un formale impegno a “globalizzare” la potenziale arma anti-coronavirus. Nessuno può far solo per sé e pensare solo a sé. Ovvio. Ma i cavalieri bianchi d’America e di Britannia stavolta non hanno galoppato in testa al gruppo, bandiere al vento, e neppure in mezzo. Ma ai lati, sovranamente concentrati su se stessi, e poco più.
Rieccoci al punto. Nei giorni della pandemia preconizzata da tempo eppure arrivata come tempesta improvvisa e devastante, proprio in questi giorni di disciplina e di timore, di generosità e di abnegazione da parte di sanitari e di semplici cittadini, di preti e di artisti, di uomini in divisa e di politici chi vorrebbe avere BoJo e “The Donald” come “capitani” nella battaglia? Chi sente un fremito di emozione alle parole e ai gesti del primo ministro di Sua Maestà britannica e del capo della Casa Bianca? Noi no. E che bene o male oggi, «nell’ora più buia», Churchill abiti più la mediterranea preoccupazione e responsabilità di Giuseppe Conte e dei suoi ministri e dei suoi interlocutori istituzionali di ogni colore, che quella del suo pro-pro-pronipote politico è segno del tempo. Dice che il mondo sta cambiando, e cambierà di più. Nessuno abdica mai per caso.