Giovani. Ascoltare e provare a capire il senso delle relazioni e del presente
Indizi di futuro scrutando l’universo giovanile La facilità con cui a ogni istante una persona può essere altrove rispetto a dove si trova influisce anche sul modo di pensare se stessi e il proprio rapporto con la realtà Inizia con questo intervento una serie di approfondimenti riguardanti il mondo giovanile. Conoscere ciò che si sta muovendo in una generazione più chiacchierata che conosciuta è un compito urgente. Occorre abbandonare gli stereotipi con cui abitualmente si guarda e si giudica una generazione piena di risorse, che si sente lasciata ai margini, impossibilitata ad offrire al mondo in cui si affaccia il proprio originale apporto. Questo contributo, e tutti gli altri che seguiranno, si avvale dei risultati delle indagini dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo e del lungo ascolto che i suoi ricercatori hanno fatto e continuano a fare di decine di adolescenti e giovani con interviste individuali, con focus group, con rilevazioni statistiche. La ricerca cui si farà particolare riferimento è quello attualmente in corso di pubblicazione e dedicata ai giovani che si sono allontanati dalla Chiesa, in un ideale confronto con coloro che sono rimasti. È frutto di un attento ascolto, ed è, anche per il lettore, un invito ad ascoltare.
Viviamo in un tempo di cambiamento. Ne parliamo da decenni, anche a livello ecclesiale; basta riandare con la memoria ai numerosi documenti che la stessa Chiesa italiana ha dedicato a questo tema, e all’evangelizzazione in questo contesto mutato. A forza di parlarne, è come se il cambiamento fosse diventato semplicemente una realtà da conoscere, una categoria per interpretare un mondo che sta di fronte a noi. In effetti è una realtà che tocca profondamente ciò che sta dentro di noi, che ci trasforma in continuazione e chiede di stare in un dialogo nuovo con il contesto in cui viviamo e di cui siamo parte. Papa Francesco ne parla spesso nei suoi interventi, definendo quello di oggi un cambio d’epoca; non un cambio d’abito, ma di pelle.
E riguarda anche la fede: come è possibile immaginare che il modo di credere avvenga al di fuori di ciò che accade attorno a noi e che si riflette in noi? Il mondo giovanile è quello in cui si rispecchia in modo più chiaro, più naturale, più profondo questo processo e tocca tutti gli aspetti dell’esistenza. Lo sguardo ai giovani può costituire la fessura efficace da cui guardare la realtà, in Italia e nelle società occidentali; attraverso di loro si getta uno sguardo sul futuro, in loro vi sono gli indizi del mondo che verrà. Certo i giovani sono il presente, ma sono anche il futuro. Possono aiutare a rinnovarci, a restare contemporanei, a non rinchiuderci nelle nostre abitudini, nella ripetizione, nei pensieri già pensati. Il loro è un punto di vista prezioso, non per chiuderci nella riflessione su una generazione, ma per gettare uno sguardo sul mondo e sulla Chiesa che verranno. Complice dei cambiamenti è la presenza massiccia della tecnologia che apre a possibilità impensate, con l’accelerazione che essa imprime a tutti i processi: il senso di onnipotenza che, a torto o a ragione, si accompagna a ciò, rendendo sempre più debole la percezione del limite e più faticosa la definizione della propria identità; lo sfumare dei confini, non solo geografici ma anche quelli che riguardano le età e i generi…
La facilità con cui ad ogni istante una persona può essere altrove rispetto a dove si trova, alle persone cui è accanto, alla situazione in cui è immersa influisce anche sul modo di pensare se stessi, il proprio rapporto con la realtà, con il tempo e con lo spazio. La distanza non costituisce più un limite attraverso il quale si imparano la mancanza, il desiderio, l’attesa. L’altrove sembra essere più attrattivo del qui e ora. La realtà pare aver perso la sua consistenza. La velocità è l’impronta della vita di oggi: abbiamo a disposizione molte più opportunità di un tempo, eppure questo non ha contribuito a rendere più tranquillo il nostro ritmo di vita. La nostra è una vita di corsa, quasi che gli strumenti che abbiamo a disposizione condizionino verso una progressiva accelerazione.
Tratti del cambiamento in atto
Questo contesto contribuisce a generare alcuni tratti di cambiamenti più profondi. Ne cito alcuni. Il senso di sé e la sua cura è un aspetto di grande interesse. Non è certo un elemento che data da oggi, ma nelle nuove generazioni sembra che questo aspetto sia vissuto con maggiore forza e naturalezza. I giovani hanno un forte senso della propria individualità, che si manifesta in una potente esigenza di autorealizzazione quando non anche di affermazione di sé. Tendono a riportare tutto a se stessi con conseguenze rilevanti: l’esaltazione della libertà individuale, la crisi di ciò che nella vita è oggettivo – autorità, istituzioni, regole –, rischio di un soggettivismo esasperato e narcisistico, la difficoltà a fare i conti con l’esperienza del limite… I più giovani hanno una forte esposizione alle emozioni. Solo un’esperienza calda, intensa e appassionante per loro vale la pena di essere vissuta. Ciò che accade coinvolge tutta la persona e non solo la mente o la volontà. L’impatto emotivo di ogni evento sembra rendere le persone più fragili. Tutto diventa provvisorio e fugace, come, appunto, le emozioni. Le relazioni sono decisive per i giovani. Forse questa sensibilità è risposta al senso di solitudine generata dall’esasperazione dell’io. Di fatto le relazioni sono percepite come il senso della vita. Relazione fa rima con amicizia, condivisione, famiglia, amore. Allo stesso modo ciò che rende infelici è ciò che interrompe la relazione: abbandono, conflitto, tradimento, incomprensione, soprattutto solitudine. Le relazioni sono il senso della vita, esperienza costitutiva dell’umano, perché «non siamo fatti per vivere da soli» dichiara un giovane. Siamo fatti per l’incontro, per lo scambio, per il legame. Non possiamo vivere a prescindere da essi. Nella ricerca in corso da parte dell’Osservatorio Giovani Toniolo sui giovani che hanno abbandonato la Chiesa e la fede, alla domanda con che cosa hanno sostituito Dio e la Chiesa, molti di loro rispondono: «Con le relazioni».
Il tempo dei giovani è il presente. È abbastanza chiaro che non possa essere il passato: non sono ancora in grado di capire quanto li riguardi. Ma sorprende che il futuro non sia il loro tempo. L’esperienza li fa consapevoli di un futuro minaccioso. Non hanno fiducia nel futuro, che considerano pieno di minacce e di rischi. Dunque non resta loro che il presente, nel quale immergersi completamente, con poche attese e ancor meno sogni. Si potrebbe continuare citando altri aspetti: quelli che riguardano la percezione del proprio corpo, dell’altro, della responsabilità verso la società, il senso di appartenenza. Si tratti di aspetti, che, tutti, hanno un carattere ambivalente. I rischi sono percepiti come più rilevanti delle opportunità, ma non devono far perdere di vista il valore possibile dei cambiamenti in atto. È vero che il forte senso di sé e della propria individualità, ad esempio, possono condurre a ripiegamenti narcisistici e individualisti, ma anche a un maggior senso del valore della persona, della sua libertà e della sua responsabilità. La capacità di introspezione e il senso della propria interiorità costituiscono punti di forza per l’educazione ad una fede personale, radicata nella profondità. Anche le relazioni hanno la loro parte di ambiguità: sono il segno di un’apertura all’altro o sono in funzione di sé? Fanno “uscire da sé” o sono un’altra forma del proprio essere autocentrati?
S pesso i giovani hanno la percezione di muoversi su un crinale rischioso, su cui si sentono soli. Mi ha fatto impressione la testimonianza di una giovane diciannovenne che ha rappresentato la solitudine dei giovani dicendo di sentirsi come sospesa su un abisso. Vi è un dolore in molti giovani da cui la generazione adulta dovrebbe lasciarsi interrogare, non solo quando accadono eventi estremi di manifestazione di disagio. Davanti a questa lettura della realtà giovanile qualcuno potrebbe obiettare che i giovani che conosce sono indifferenti, superficiali, disimpegnati… Non ci sono letture che abbiano un valore assoluto, ciascuno si fa un’idea dei giovani a partire dalle persone che conosce e anche a partire dai propri, forse inconsapevoli, atteggiamenti interiori. Spesso si guarda alle nuove generazioni in base a ciò che si ritiene di dover fare per loro o trasmettere loro; oppure a partire dalle proprie esperienze passate.
Personalmente, ritengo che sia necessario mettersi davanti a loro con un atteggiamento di ascolto aperto, libero dai pregiudizi e dal desiderio di fare di loro le nostre fotocopie. I giovani stanno indicando una strada: la loro “profezia”, tutta laica, è l’innovazione, la novità che essi rappresentano per mandare avanti il tempo. Ci stanno indicando sentieri per questo ripensamento. Loro sono gli esploratori di un territorio nuovo, anche a livello spirituale e religioso, e lo stanno facendo per tutti. Gli adulti, quelli che hanno responsabilità a tutti i livelli, devono decidere se fidarsi dei giovani o continuare ad essere semplici gestori di un presente destinato a diventare rapidamente passato.