Musicisti e atleti russi. Arte e sport sono vie per la diplomazia di pace
Difficile immaginare l’impatto della guerra sulla mente e lo spirito dei tanti giovani e giovanissimi musicisti, artisti e atleti travolti dall’invasione della Russia in Ucraina. Certamente la loro sofferenza non è paragonabile con quella del popolo ucraino, ma pure loro ne pagano le conseguenze. E questo fa intendere l’essenza maligna della guerra che si propaga negli ambiti per loro natura simbolo di bellezza, delicatezza, forza e vibrazione del gesto artistico e atletico. L’esatto opposto della brutalità assassina.
Pochi giorni or sono all’Auditorium Parco della Musica di Roma, è tornato Tugan Sokhiev, già direttore dell’Orchestra del Teatro Bolshoi e del Teatro di Tolosa, che per la contrarietà alla guerra si è dimesso dalla direzione di entrambe le istituzioni musicali. Una scelta sofferta per la rinuncia al Bolshoi, ma anche per il rifiuto di dover scegliere tra una tradizione musicale e l'altra. Sokhiev aveva annunciato la sua decisione, insistendo sull'importanza dell'arte e sulla necessità di non emarginare la cultura russa in Europa. Ascoltando il concerto da lui diretto, il “Canto della Terra” di Gustav Mahler, bellezza sublime di note e versi, è stato inevitabile pensare alla violenta assurdità di quanto sta accadendo in Ucraina. Proprio in quei momenti persone nello stesso numero dei componenti dell’orchestra stava perdendo la vita per il delirio di un uomo, Vladimir Putin. E non è affatto facile capire quale sia la strategia più efficace per colpire un regime con sanzioni senza per questo colpire le popolazioni, e soprattutto evitando di isolare ancor più di chi in Russia resta, resiste e si oppone al regime. Nadjezhda, da Mosca, mi ripete sin dall’inizio di questa guerra le sanzioni colpiscono relazioni e scambi che perfino ai tempi di Breznev c’erano e hanno consentito alla sua generazione di entrare in contatto con il mondo. Conoscere e amare, per esempio, la letteratura americana. Anche quando questa era per le autorità moscovite espressione dell’impero del male. La sospensione di rapporti tra università e altri enti che favoriscono lo scambio culturale è una ferita che solo in parte viene colmata dal pur potente mezzo di Internet. Quest’ultimo certamente rispetto ai tempi della cortina di ferro fa scavalcare muri in modi allora impensabili, ma non permette la scoperta maturata insieme, tra studenti e docenti, in un’aula e nei corridoi.
Ci vuole coraggio e per fortuna questo c’è. Soprattutto fra i giovani, curiosi della vita, della conoscenza e desiderosi di incontrare in pace il resto del mondo. Penso al sogno di quelle ragazzine della ginnastica ritmica e dell’artistica che sin da piccolissime si sono preparate con sacrifici e duri allenamenti in vista delle Olimpiadi di Parigi. Sono rimaste fuori, escluse dalle gare internazionali e così dai contatti con le loro omologhe del resto del mondo. Campionati europei e mondiali senza ginnasti russi, un’eccellenza storica in queste discipline.
Nei loro account, alcuni dei ginnasti hanno commentato le gare degli europei. La campionessa olimpica Angelina Melnikova lo ha fatto dagli studi in diretta tv con ammirazione per gli atleti e le atlete in pedana. Ma questo non fa notizia com’è invece accaduto per il gesto riprovevole e disumano, del ginnasta russo Ivan Kuliak a Doha, l’anno scorso. Alla premiazione sul podio insieme all’ucraino Ilya Kovtun si era presentato con la Z sul petto. Bruttissima storia, anche perché accadeva mentre Kovtun era costretto a restare fuori del suo Paese per l’aggressione russa ed era in ansia per i suoi familiari.
Il potenziale della diplomazia dello sport può, se si vuole, creare importanti occasioni di dialogo, laddove la diplomazia ufficiale fallisce. E la domanda grava sulla scelta di escludere (anche senza bandiera e senza squadra) gli atleti russi dalle competizioni internazionali. Ma chi si oppone alla guerra dovrebbe essere accolto dalla comunità internazionale e non espulso come ad esempio è accaduto ai tennisti Medvedev e Rublev a Wimbledon l’anno scorso.
Tanti giovani hanno, poi, atteso l’edizione del 2023 del Concorso Internazionale Tchaikovsky. Sogno di ogni pianista, violinista, violoncellista o cantante lirico di tutto il mondo. La Federazione dei Concorsi Musicali Internazionali l’ha messo al bando perché finanziato da uno Stato che ha aggredito un altro Stato. Decisione politicamente comprensibile. Ma per musicisti e atleti, che a causa della guerra si ritrovano esclusi dal mondo, l’esercizio del dissenso non diventa più facile... Soprattutto per i minorenni, che non sono in grado di fare scelte come quelle che, ai tempi dell’Urss, fecero il basso Chaliapin o il mito della danza Nureev. Sono tempi difficili, carichi di domande per chi vuole cercare strade diverse per non consegnarsi alla guerra e creare condizioni per la pace.