Anche la Ferrari avrà la sua sede legale ad Amsterdam, così come Fiat Chrysler Automobiles. È un po’ comico il fascino che ultimamente la capitale del Paese delle biciclette esercita sui costruttori (anche italiani) di automobili. Un po’ comico e un po’ seccante. Perché i motivi che spingono le grandi aziende italiane ed europee a costruire società finanziarie olandesi a cui affidare il controllo di imprese basate altrove – Londra, nel caso di Fca, Maranello (per fortuna) nel caso di Ferrari – sono i vantaggi fiscali. Legittimi e discutibili. I Paesi Bassi hanno conservato, dalla loro antica tradizione di impero commerciale mondiale, un sistema di tassazione estremamente favorevole per le società multinazionali: una impresa olandese non paga tasse sugli utili e i dividendi delle sue filiali estere e nemmeno sugli interessi e sulle
royalties che incassa dalle sue controllate. Questo significa che i profitti realizzati dall’italiana Ferrari Spa al netto delle tasse nazionali (e parliamo di utili per quasi 700 milioni, nel 2014) potranno salutare il fisco italiano per essere spediti gratuitamente in Olanda, dove, per capirci, un azionista può incassare il suo dividendo senza pagare un euro di tasse. Da noi l’aliquota finanziaria sulle cedole è da poco salita dal 20 al 26%. Ferrari potrebbe teoricamente inviare i soldi in Olanda anche sotto forma di spese per
royalties, ad esempio come diritti di sfruttamento del vecchio Cavallino. Potrebbe farlo e sarebbe tutto regolare, ed è questo il problema. Non si capisce per quale motivo all’interno della Ue sia consentito a un Paese di tenere in piedi un simile sistema che sembra congegnato apposta per drenare capitali dagli altri Stati membri e potenzialmente perfino trasferirli in paradisi fiscali con cui Amsterdam ha siglato accordi. Gli alti funzionari di Bruxelles, di solito puntuali nel richiamare all’ordine i governi colpevoli di favorire le imprese nazionali, non sembrano scandalizzati. Strano, visto che 80 delle 100 aziende più grandi del mondo hanno creato una finanziaria basata nella capitale olandese. Basata per modo di dire, dato che la presenza di Fca ad Amsterdam appare limitata alla sua iscrizione alla Camera di commercio cittadina (l’indirizzo olandese di Fca Nv è introvabile). Tutto ciò appare meno strano a chi si ricorda come solo qualche mese fa lo scandalo LuxLeaks – che ha 'rivelato' ciò che già si sapeva e cioè come il Lussemburgo aiutasse da tempo le multinazionali allestendo soluzioni fiscali 'sartoriali' per le loro specifiche esigenze – non abbia impedito allo storico primo ministro del Granducato, Jean-Claude Juncker, di diventare il nuovo presidente dell’Unione. Non sarà Juncker a costringere Amsterdam a rinunciare alle sue regole furbe. E temiamo che non lo farà nemmeno l’uomo che i ministri finanziari hanno appena confermato presidente dell’Eurogruppo. Si chiama Jeroen Dijsselbloem. Olandese, naturalmente.