Il direttore risponde. A proposito di «collaborazioni»
Signor direttore,
in relazione agli articoli di Assuntina Morresi pubblicati da Avvenire in data 1 marzo ('Sgomenta l’aborto ’post-nascita’. Ma non è nuovo') e in data 8 marzo ('Quando la bioetica diventa campo di battaglia') in merito all’articolo del Journal of Medical Ethics che difende il cosiddetto 'aborto post-nascita', precisiamo che Julian Savulescu, editor della rivista inglese, non è mai stato un collaboratore della Facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele. Il Centro di etica applicata di Oxford, come altri centri – quello di Maastricht, quello di Stoccolma e quello del San Raffaele – ha partecipato a una ricerca europea sui problemi del potenziamento umano coordinata dall’Università di Bristol, sotto la direzione del professor Ruud ter Meulen; tale studio ha esplorato diverse ipotesi di applicazioni biotecnologiche, affidando a ciascun centro la responsabilità di un settore di ricerca. In particolare, il gruppo del San Raffaele si è occupato, e in maniera critica, degli studi di medicina anti-aging, mentre il centro di Oxford si è occupato degli studi di potenziamento cognitivo; le diverse posizioni sostenute dai vari centri – che hanno lavorato in maniera largamente indipendente – si possono leggere nel volume Enhancing Human Capacities , pubblicato da Wiley, che ne presenta i risultati. La Facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele si è avvalsa di collaboratori per svolgere questa ricerca, ma tra essi non figurava Julian Savulescu, che coordinava invece un altro centro, impegnato su un diverso settore di ricerca nell’ambito del medesimo network. Dispiace leggere il tentativo, operato in entrambi gli articoli di Avvenire, di insinuare un collegamento tra le tesi riportate nell’articolo del Journal of Medical Ethics e l’Università Vita-Salute San Raffaele, che si basa sull’ignoranza di questi fatti. Nessun membro della Facoltà ha mai espresso posizioni filosofiche analoghe a quelle citate, né ha attribuito ad esse un qualsiasi tipo di riconoscimento, morale o accademico.
Paolo Klun, Comunicazione Istituzionale, Università Vita-Salute San Raffaele Non sono la prima né l’unica ad adoperare il termine «collaborazione», che tanto ha infastidito il signor Klun. Si legge, per esempio, a pagina 6 del Oxford Uehiro Centre for Practical Ethics Annual Activity Report, 1 april 2007 - 31 march 2008, a proposito del progetto di ricerca "Enhance".
Uso quindi il termine con cui lo stesso Centro di Ricerca del professor Savulescu definisce il proprio rapporto con l’Università Vita e Salute. Mi chiedo se abbiate già protestato con il Centro di Etica di Oxford per l’uso della parola collaboration con la stessa sollecitudine con cui lo avete fatto con Avvenire.
Ma provo a spiegare più chiaramente, anche a chi non ha confidenza con il mondo accademico, di cosa si tratti: cinque gruppi di ricerca, appartenenti a cinque università europee, presentano un progetto comune.
Ricevono un finanziamento e per due anni lavorano al progetto, ciascuno sviluppando, ovviamente in autonomia, la parte di competenza. Uno dei gruppi fa riferimento alla Facoltà di Filosofia dell’Università Vita e Salute del San Raffaele. Un altro fa riferimento al Center for Pratical Ethics dell’Università di Oxford, e responsabile è appunto il professor Julian Savulescu. Il nome del progetto finanziato è "Enhance".
Si tratta di una delle più consuete forme di collaborazione fra Università.
Se gruppi di ricerca decidono di presentare insieme un progetto è perché ritengono interessante e utile, appunto, "collaborare", sulla base di una reciproca stima e legittimazione dal punto di vista scientifico.
Nessun gruppo di ricerca accetterebbe di far parte di un progetto insieme a colleghi ritenuti screditati o marginali dal punto di vista scientifico. Che le università possano presentare un comune progetto di ricerca, e insieme rinnegare completamente la reciproca collaborazione, mi pare francamente un’idea difficile da far passare.
Alla data in cui il progetto è stato presentato, Savulescu era già largamente conosciuto nella comunità scientifica per le sue tesi in bioetica. Aveva già conseguito il dottorato con la supervisione del ben noto Peter Singer; aveva già firmato articoli come, ad esempio,
Procreative beneficence: why we should select the best children (Beneficienza procreativa: perchè dovremmo selezionare il bambino migliore), o anche The embryonic stem cell lottery and the cannibalization of human beings (La lotteria delle cellule staminali embrionali e la cannibalizzazione degli esseri umani). Ma gli esempi sarebbero moltissimi.
Per la precisione, come si può vedere nel sito di "Enhance", accanto al Center for Practical Ethics, figura anche il "Future of Humanity Institute", diretto da Nick Bostrom, noto per aver fondato nel 1998 la World Transhumanist Association. Cioè il suddetto progetto includeva anche uno dei padri del transumanesimo.
Queste notizie sono già state scritte negli anni passati, da me e da altri, ma non è mai arrivata alcuna precisazione da parte dell’Università Vita-Salute. Arriva solo adesso, forse perché solo adesso, con l’articolo sull’infanticidio, il nome di Savulescu è diventato più noto e più scomodo?
Assuntina Morresi
Aggiungo due righe alla documentata e ineccepibile replica di Assuntina Morresi. Ognuno è libero di precisare ciò che meglio crede, e i lettori sono capaci di valutare la tempestività o la imbarazzata intempestività di certe precisazioni. Comunque, riguardo alla presa di distanza da Julian Savulescu, meglio tardi che mai. Chi però si permette – come fa il portavoce dell’Università Vita-Salute San Raffaele – di spacciare in modo tanto inelegante quanto avventato con noi e con nostri illustri collaboratori, come la professoressa Morresi, termini del tipo «insinuare» e «ignoranza», può solo attendersi che vengano rispediti al mittente. Non ci riguardano.