Appello e indicazioni per disincagliare i Green pass per primi vaccinati (e altri)
Caro direttore,
collaboro ad “Avvenire” da trent’anni e stavolta porto all’attenzione tua e dei lettori un problema che mi riguarda, ma che assieme a me tocca alcuni milioni di italiani: gran parte di coloro che sono stati vaccinati all’inizio della campagna vaccinale contro il Covid-19 quando gli hub non erano funzionanti o stavano iniziando a operare e le dosi venivano sommini-strate o presso Case di cura o anche a domicilio da parte di équipe inviate dalle Asl. Appartengo a questa categoria, con milioni di altri ottantenni o affetti da patologie serie. Ho avuto in ritardo il certificato vaccinale (che accludo) e non riesco a ottenere il Green pass. Da alcune settimane, mi sono rivolto ai vari numeri verdi, alla Regione Lazio, e al Ministero della Salute. Mi viene risposto, con tono sconfortato, che il mio pass è tra i tanti “incagliati” alla Sogei. La Sogei, società del Ministero dell’Economia e delle Finanze, gestisce la piattaforma nazionale Dgc che ha il compito di generare i Green pass. Tale piattaforma pare essere uno strumento organizzativo per meglio coordinare le piattaforme digitali regionali, già esistenti da alcuni mesi. Non si è tenuto conto che perché l’obiettivo venga raggiunto occorre modificare i processi. Non si può e non si deve, cioè, utilizzare il computer solo per fare più velocemente quanto si faceva in modo cartaceo e in gran misura a mano. Già le piattaforme digitali regionali avevano mostrato le carenze di questo modo di operare. Non si è neanche tenuto conto del fatto che la Dgc avrebbe avuto bisogno di un periodo di rodaggio. Se non sono stati riveduti i processi e la base di tutto resta la certificazione cartacea trasmessa da un ufficio a un altro (procedura a cui viene sovrapposta quella informatica), ecco che alcuni nodi si aggrovigliano seriamente. Basta pensare alla posizione di coloro che hanno avuto il Covid, ne sono guariti e ne sono immunizzati, ma di cui ovviamente manca la certificazione vaccinale cartacea, oppure alla classificazione degli immunodepressi, che non possono essere vaccinati a ragioni di patologie oncologiche o di altra natura, oppure ancora dagli italiani residenti all’estero ma non nella Ue e che possono esibire certificati di Stati extra-Ue (Usa compresi). Ma ci sono anche i numerosissimi casi in cui le unità regionali proposte alla bisogna non dialogano con la neonata piattaforma nazionale Dgc e, infine, c’è la posizione dei “vaccinati della prima ora” quando le procedure non erano state ancora oliate. L’ultimo nodo è facile, volendo, da sciogliere: accettare il certificato vaccinale regionale, almeno in Italia, sino a quando (sei-nove mesi) superato il rodaggio, il nuovo sistema funzionerà. Per i guariti dal Covid e per gli immunodepressi, è altrettanto facile accettare una dichiarazione da un primario ospedaliero (pur sempre un alto funzionario pubblico). Più difficile è, invece, il caso dei vaccinati in Stati extra Ue; si potrebbe chiedere al console d’Italia una omologazione (così come si fa per la scuola), ma ci sono addirittura consoli che si proclamano “no-vax e no-mask” (strano modo di rappresentare la Nazione in un compito che comporta ampi contatti con il pubblico). Credo che queste proposte di soluzioni possono essere utili. Occorre soprattutto tener presente che questa operazione collegata alla campagna vaccinale è la prova generale della digitalizzazione della pubblica amministrazione; se continuasse a dare risultati insoddisfacenti per milioni di italiani, una parte importante del Piano nazionale di ripresa e resilienza sarebbe a rischio.
Grazie davvero, caro Giuseppe, della puntualità e della pacatezza con cui evidenzi uno scottante problema (per te anche personale) dal punto di vista dell’interesse generale e del bene delle singole persone (e famiglie) coinvolte. Le questioni che poni sono reali e incidono sull’efficacia complessiva della campagna vaccinale e per il Green Pass, complicando vita e spostamenti di persone fragili e provenienti (già vaccinate) dall’estero. Pesano, dunque, su un fronte cruciale del necessario rapporto virtuoso tra cittadini e Pubblica amministrazione. Da economista che tanto si è speso “sul campo” e da studioso di vaglia, nonché da profondo conoscitore della macchina amministrativa italiana, sottolinei debolezze e offri soluzioni che meritano di essere considerate con ogni attenzione. Sono contento di mettere quest’appello (con i suggerimenti che contiene) a disposizione di quanti al Governo, in Parlamento, nelle Regioni e nella struttura Commissariale hanno la possibilità di accelerare le scelte che possono sciogliere i nodi, o il potere di tagliarli di netto. Dando giusta e rapida risposta a un gran numero di concittadini.