App18 da mettere a punto non da abolire. È la cultura che ci fa parte di un «noi»
Il libraio Paolo Ambrosini pone con pacatezza e profondità il tema del “regalo di maggiore età e piena cittadinanza” che la Repubblica fa ai nostri figli e alle nostre figlie. Tutte e tutti senza distinzioni. E lo difende. Sono d’accordo
Caro direttore,
fa molto discutere la proposta avanzata dalla maggioranza di eliminare la App18, che consente ai diciottenni di ottenere 500 euro da utilizzare per la fruizione di beni culturali quali libri, musei, cinema, utilizzando il risparmio ottenuto, circa 230 milioni, per finanziare alcune filiere della cultura; le ragioni di questa scelta sono da ritrovare, secondo i proponenti, nell’uso improprio del bonus che è emerso dalle indagini della Guardia di Finanza (9 milioni sui 230 stanziati) e dalla necessità di evitare che le somme del Ministero della Cultura vadano a coprire beni, come i libri di testo (che però sono libri e quindi ammessi), ritenuti non di competenza di quel dicastero. Le reazioni politiche e sociali registrate sembrano aver fatto cambiare la narrazione, per cui ora non si parla più di soppressione dell’App18 ma di una sua necessaria revisione per correggerne gli abusi veri o presunti. Cambia la narrazione, ma non l’approccio, che guarda solo a un punto senza vedere l’insieme, come quando ci concentriamo su un particolare di una foto e ci sfugge l’immagine nel suo complesso: e così sfugge allo sguardo critico che App18 nei suoi anni di applicazione ha ad esempio consentito un recupero di lettura proprio nella fascia dei diciottenni – si è passati infatti dal 46.8% del 2016 al 54% del 2019 (fonte ForumCultura) – ma soprattutto ho l’impressione che non si valuti l’effetto positivo, da moltiplicatore, che App18 ha esercitato sui giovani consentendo loro di avvicinarsi alla cultura nelle sue varie declinazioni con quella libertà di scelta che la cultura e i saperi richiedono. Volutamente il bonus, infatti, è rivolto a chi raggiunge la maggiore età, quando cioè si matura una libertà anche formale nelle scelte, per offrire uno strumento per essere liberi e non condizionati dalle esigenze economiche famigliari o dalle limitazioni imposte dai modelli educativi: una libertà, questa, che le istituzioni devono in tutti i modi cercare di rendere effettiva per il bene del Paese. Pensare di legare il bonus a livelli di Isee mi sembra un errore: del resto in questo Paese per Costituzione l’istruzione è un diritto per tutti senza distinzione alcuna; contraddire questo principio proprio con quei giovani che sono il nostro presente e soprattutto il nostro futuro è un errore perché li rendiamo così parte di un mondo diviso dove non esistono beni universali, come lo sono i saperi, ma solo divisioni tra chi ha diritto e chi no, tra chi può e chi non può; una società insomma costruita più sulla divisione che sull’unità e la condivisione. Il bonus quindi a mio avviso, ancorché da correggere per limitare i problemi segnalati dalle indagini della Guardia di Finanza – ricordo che proprio a seguito dei primi controlli è stato introdotto l’obbligo del registro vendite che lega il buono al bene acquistato – andrebbe invece ampliato nella sua applicazione per consentire ai giovani, già molto provati dalla crisi Covid e da anni di crisi socio-economica del nostro Paese, di arricchire il proprio bagaglio culturale per meglio affrontare le sfide alle quali sono chiamati. Auspico quindi che si superino le contrapposizioni di queste ore e che prevalga la difesa della libertà per i giovani e per il futuro del Paese.
Condivido il suo saggio punto di vista, caro presidente Ambrosini. Penso che il ministro della Cultura sia giustamente preoccupato di indirizzare bene ogni centesimo della dotazione del suo dicastero, ma penso anche che ci sono strumenti che vanno preservati anche se magari messi ragionevolmente a punto. Lo abbiamo argomentato a proposito del Reddito di cittadinanza, dove le malversazioni hanno riguardato pochi e il sostegno (da rendere più equo ed efficace) è arrivato a tanti. Così, come lei sottolinea, nel caso di questo speciale regalo di benvenuto nella maggiore età e nella piena cittadinanza da parte della Repubblica: la App18, appunto. Un regalo che è stato pensato come universale e intelligentemente collegato alla ricchezza più grande e distintiva della nostra Italia: la cultura, che è poliedro solido e affascinante e apertura dialogica ed è un “lusso” che dobbiamo permetterci perché ci fa ciò che siamo e ci fa sentire, nella nostra individualità connotata da fede e ideali, parte di un «noi». I libri sono segno concreto e bello di tutto questo.