Animali ed esperimenti. La doverosa tutela di ogni essere non fermi la buona scienza
Col primo gennaio 2022 entra in vigore una normativa per la tutela degli animali, mentre un’altra, assai dibattuta, di cui era previsto l’esordio col nuovo anno, è stata prorogata in extremis di altri 6 mesi l’operatività. La prima norma è adeguata, attesa e centrata sul rispetto di queste creature. La seconda è eccessiva e fortemente penalizzante per la ricerca medica. La prima sancisce il divieto di allevamento, riproduzione in cattività e uccisione degli animali da pelliccia: una scelta importante e una decisione corretta sul piano biologico. La seconda introduce norme stringenti per le attività di sperimentazione animale nei laboratori scientifici, penalizzandone il lavoro.
Quest’ultima serie di regole, varata nel 2014 ma mai entrata in vigore per una serie continua di proroghe, era stata concepita per allinearsi alla Direttiva europea emanata qualche anno prima sullo stesso argomento con lo scopo di armonizzare in tutti i Paesi membri le regole per la protezione degli animali, eliminando le disparità tra le diverse disposizioni legislative per favorire la ricerca medica. La legislazione italiana però è andata al di là delle indicazioni dell’Unione Europea, realizzando una normativa con misure molto più restrittive che, oltre a prendere in considerazione il benessere degli animali e a proibire sperimentazioni inutili, non consentirebbero più ai ricercatori in molte circostanze di utilizzare gli animali per lo studio di malattie e per valutarne l’efficacia delle cure.
Il rispetto degli animali e la tutela del loro benessere sono assolutamente legittimi, conquiste recenti e importanti della nostra cultura.
Nell’enciclica Laudato si’, papa Francesco sottolinea come, nell’ambito di una visione ecologica integrale, è importante il rispetto di ogni forma di vita, perché «tutte le creature sono connesse tra di loro» e occorre preservare «l’insieme armonico degli organismi in uno spazio determinato» quale è il nostro pianeta, la «casa comune». Gli animali non vanno maltrattati e sono quindi da condannare lo sfruttamento nel lavoro, la segregazione e la prigionia per spettacolo, l’abbandono e la brutalizzazione.
Nel 1975, nel suo libro Animal Liberation, il filosofo Peter Singer (per altri aspetti controverso) pose le basi per l’estensione a favore degli animali dei diritti fondamentali dell’uomo, ipotizzando anche la necessità di perseguire una dieta esclusivamente vegetariana come scelta etica. Nel 1978 presso la sede Unesco di Parigi venne poi stilata una Dichiarazione universale dei diritti dell’animale. Pur non avendo un reale valore giuridico, questo documento ha proposto un forte codice morale per un equo comportamento (soprattutto consentendo libertà ed evitando sofferenze) rispettoso degli animali, intesi come esseri senzienti e soggetti della propria vita. Tuttavia, una certa esasperata ideologia animalista può essere fuorviante.
Tutela non significa uguaglianza.
Pensare agli animali come a esseri viventi con le stesse caratteristiche esistenziali degli esseri umani (comportamenti, sentimenti, emozioni) è sbagliato, così come è assurdo in certi contesti perdere di vista la scala dei valori attribuendo maggiore attenzione all’animale rispetto all’uomo. Non si possono identificare e sovrapporre integralmente i diritti degli animali con quelli degli esseri umani, né confondere la tutela del loro benessere con il servizio che essi possono fornire all’umanità. Anche se sul piano semantico 'animale' deriva da 'anima', quest’ultimo termine deve essere inteso in questo caso non come significante 'spirito' ma come espressione di 'animato'.
Sul piano ontologico esiste una sostanziale differenza tra animalità e umanità. L’animale percepisce solo quello che è per lui biologicamente significativo, e questo si traduce in azioni e comportamenti che gli permettono di sopravvivere. L’essere umano, oltre che percepire ciò che è significativo per la sua esistenza biologica, è capace di realizzare condotte operative che gli permettono, oltre che di sopravvivere, di prendere coscienza di se stesso, di relazionarsi con gli altri e di possedere una dimensione spirituale. Se consideriamo il continuum biologico della vita, in cima a questa scala evolutiva troviamo l’essere umano, un essere che è il risultato finale di un salto ontologico unico e particolare. In questo senso l’humanitas è un processo che genera autocoscienza esistenziale, definisce cultura (linguaggio, scrittura, arte) ed esige spiritualità (credenza, fede, rapporto col trascendente).
Gli animali, in un rispettoso ma sapiente uso del Pianeta, vanno quindi giustamente amati e rispettati in quanto creature viventi, tenendo però presente la loro sostanziale diversità ontologica con l’essere umano. In questo contesto, si deve inserire l’impiego degli animali nell’ambito della ricerca scientifica. Se è comprensibile il disagio che molti provano pensando agli esperimenti scientifici che si effettuano utilizzando animali di laboratorio, occorre però sottolineare che in ambito medico essi sono sovente alleati indispensabili nella ricerca di nuove terapie. Solo effettuando test su un organismo vivente complesso e completo (quale è l’animale da laboratorio) è possibile comprendere se un farmaco o un trattamento terapeutico sono sicuri per l’uomo o possono causare effetti collaterali dannosi.
Mezzi alternativi (uso di colture cellulari in vitro o modelli informatici di simulazione) possono essere utili, ma non sono ancora in grado di sostituire i dati forniti dagli animali. Questa è la ragione per cui gli esperimenti animali sono richiesti per legge prima di passare alla sperimentazione clinica. Le regole per la sperimentazione animale sono precise. Il codice etico per queste procedure è severo e segue la regola delle 'tre erre'. 1) Replace (sostituire): se è disponibile un metodo alternativo non si usano animali. 2) Reduce (ridurre): impiegare il numero minimo di animali necessari se è indispensabile utilizzarli. 3) Refine (migliorare): minimizzare o abolire il dolore per preservare al massimo il benessere. A fronte di queste garanzie, esasperare le norme giuridiche di tutela animale in ambito scientifico appare inutile e controproducente per la ricerca italiana.
Medico e storico della Medicina Università di Milano Bicocca