Lettere al direttore. «Angeli? Noi siamo volontari...» Ci aiutano a capire i nostri doveri
Caro direttore,
sono un liceale, uno delle migliaia di giovani che in questi giorni ha indossato un paio di stivali, una vecchia tuta, dei guanti ed è sceso nelle strade infangate di Genova, nei negozi allagati e tra i mucchi di detriti per dare una mano. Ci chiamano “angeli del fango”, ma mi sembra più un appellativo da statuina del presepe di terracotta: siamo volontari, ciò che ci unisce tutti è il coraggio e la buona volontà. Io ho aiutato insieme a un gruppo di miei compagni di classe. Qualche messaggio, un orario e un posto e la mattina dopo eravamo tutti riuniti. Per curiosità il primo giorno ci siamo diretti a Borgo Incrociati, dove il fiume è esondato più violentemente. Vedevo tanto grigio per strada che sembrava di vivere all’interno di una vecchia cartolina di Genova. Erano le undici di mattina, ma c’erano persone che spalavano già dalle sette. Subito siamo stati “assorbiti” all’interno al vortice dei volontari. Chi ha fatto parte di una catena per portare le pile di oggetti e mobili ammassati nei vicoli fin sulla strada principale, per essere caricati su camion, chi spalava i detriti dall’interno dei negozi, chi aiutava a trasportare una colonna di fango (forse un tempo era stato un mobile) pesante, chi puliva le lattine di bevande per donarle ai lavoratori assetati. Il viavai di gente era molto intenso, nonostante lo spazio angusto dei vicoli dove lavoravamo: si potevano intravedere divise della croce rossa, dei vigili del fuoco, della protezione civile, fazzolettoni scout. Quello che mi ha colpito è stata la volontà che animava le persone intorno a noi: ognuno prendeva iniziativa, nessuno voleva stare fermo o riposarsi. E siamo tornati ad aiutare anche un secondo giorno, e poi un terzo. Io sono scout, e mi sento orgoglioso di aver mantenuto la mia promessa: di aiutare gli altri in ogni circostanza, di essere sempre pronto a servire.
Giorgio Rossi