La testimonianza del cardinale a un mese dalla scomparsa. Andreotti, amico esemplare
A Pietralata, dove ero stato inviato per prestare servizio nella Parrocchia di S. Michele Arcangelo, era noto un giovane, Giulio Andreotti, che vi giungeva in bicicletta, insieme ad altri giovani, per portare alle famiglie della borgata qualche aiuto per conto della Conferenza di San Vincenzo de’ Paoli della Fuci. Non immaginavo che si sarebbe instaurata tra noi una vera e forte amicizia che si sarebbe rinsaldata in occasione delle elezioni del 1948 e, da allora, sarebbe durata tutta la vita. Ho sempre ammirato in lui l’intelligenza e l’incredibile memoria, l’instancabilità nel lavoro, un equilibrio fuori del comune, la rettitudine del suo operare e la solida e coerente testimonianza cristiana.
Tutti sanno che quando, nel 1992-1993, "cadde in disgrazia", Andreotti fu vittima di un disegno politico orchestrato per trascinare sul piano della responsabilità penale personale quanto, semmai, doveva essere materia di valutazione politica. Capii subito che, per distruggere la Democrazia cristiana – la quale, e ci mancherebbe, ha avuto anche le sue colpe – bisognava distruggere politicamente e moralmente Giulio Andreotti. Alla fine, dopo dieci anni, di quella amarissima vicenda che lo ha visto del tutto assolto, anche molti dei suoi avversari gli hanno dato atto del coraggio e dell’umiltà vera con cui ha affrontato la prova, accettando sofferenze durissime. In questo periodo, il mio rapporto con lui si è addirittura intensificato. Non ebbi paura, nel pieno della bufera che lo investiva, di invitarlo ogni anno a intervenire con una relazione alla Conferenza internazionale che il Dicastero da me diretto organizzava in Vaticano.
La forte stretta di mano del Papa ad Andreotti nel pieno della sua vicenda giudiziaria fu vista con sospetto persino in ambienti un tempo a lui vicinissimi. Ma si sa, tempora si fuerint nubila, solus eris (se scoppia il temporale, ti lasciano solo). Ogni volta che, in quel periodo, lo incontravo, il Santo Padre Giovanni Paolo II mi chiedeva del senatore Andreotti, pregandomi di riferirgli che ogni giorno pregava per lui. E me lo diceva mostrandosi addolorato per la vicenda che lo aveva investito. Del resto, si era agli inizi di questo calvario quando, la domenica di Pasqua del 1992, anno successivo a quello della mia nomina a cardinale, fui accanto al Papa per la cerimonia pasquale della Benedizione Urbi et Orbi. Al termine della cerimonia, dopo aver dismesso i paramenti sacri, il Papa mi chiese: «Perché fanno tutto questo contro Andreotti?». Preso alla sprovvista, tentai una risposta: «Padre Santo – spiegai –, penso che tutto questo gli accada soprattutto per tre ragioni: per la sua posizione convinta e forte per l’unità europea che non tutti vogliono; per la sua politica filoaraba, che poi è anche la posizione della Santa Sede; la terza ragione è perché si vuole la fine del partito della Democrazia Cristiana, della quale Andreotti, oggi in particolare, è il cardine». Dell’amicizia con Andreotti sono sempre stato fiero. E quando me l’hanno richiesto, ho sempre ripetuto che l’Italia ha bisogno di statisti della sua levatura. Ho conosciuto – e peraltro è cosa nota – molti avversari politici di Andreotti che hanno sempre nutrito una motivata stima per lui. Non dimenticherò che l’onorevole Giancarlo Pajetta, uno dei più battaglieri esponenti del Partito comunista italiano, alla richiesta di un giornalista di indicare quale fosse il parlamentare italiano che maggiormente stimava, rispose all’interlocutore: «Non si scandalizzi. Il parlamentare italiano che stimo di più è Giulio Andreotti». Sono stato, perciò, veramente contento che la Pontificia Università Lateranense, il 19 luglio 2004, abbia conferito al senatore a vita Giulio Andreotti la laurea honoris causa in utroque iure. Un riconoscimento – è il caso di dirlo – del tutto "pertinente".È proprio per la sua formazione di laico cristianamente impegnato che Giulio Andreotti è riuscito a sorreggere l’equilibrio di uno svolgersi di avvenimenti di portata mondiale. Giulio Andreotti resterà per me un esempio forte anche in quanto sacerdote. Penserò a lui non soltanto come a un uomo raffinato ed abile politico ma come a un esemplare amico. Per quanti hanno avuto la fortuna di conoscerlo, Giulio Andreotti resterà un alto esempio di vita umana e cristiana. E le sue sofferenze? Nessuna meraviglia. Nel Vangelo c’è tra l’altro enunciato e proclamato un "cantico" che può sembrare assurdo, è il Cantico delle Beatitudini: «Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli» (Mt 5,11-12). È un canto divino che ha fatto e fa la creatura a misura del divino e che in Giulio Andreotti si è realizzato.