Cina e Santa Sede. Andare oltre l'unilateralismo un bene per la Chiesa e la Cina
Ieri il vescovo 'sotterraneo' di Ningbo, Saverio Jin Yangke, ha celebrato la cerimonia inaugurale del suo episcopato, dopo il riconoscimento ufficiale
Ieri il vescovo 'sotterraneo' di Ningbo, nello Zhejiang, Saverio Jin Yangke ha celebrato la cerimonia inaugurale del suo episcopato, dopo il riconoscimento ufficiale delle autorità cinesi. Poche settimane fa, lo aveva fatto il vescovo Paolo Ma Cunguo, della diocesi di Shuozhou nello Shanxi, ordinato segretamente anni fa e da poco riconosciuto ufficialmente dalle autorità. Sono gli ultimi effetti dell’Accordo provvisorio sino-vaticano del 22 settembre 2018, di cui si parla tanto, ma soprattutto in chiave politica. Invece, papa Francesco e i suoi collaboratori lo hanno voluto principalmente per uno scopo ecclesiale: aiutare la Chiesa cattolica in Cina. Alla vigilia del secondo anniversario della firma, è soprattutto su questo terreno che interessa chiedersi quali siano stati i suoi risultati.
L’Accordo ha reso possibile molte cose che prima erano impensabili. La Chiesa in Cina ha potuto compiere i primi passi concreti verso la riconciliazione: anche se le Chiese locali, sono ancora profondamente traumatizzate da eventi del passato, c’è ora una vera speranza di piena unità. Lo mostrano i casi dei vescovi Giuseppe Ma Yinglin e Giuseppe Yue Fusheng, che il Papa ha ammesso alla comunione con la Chiesa universale nel 2018. Il 30 novembre dello stesso anno, Ma Yinglin ha ordinato tre sacerdoti di Kunming ( Yunnan). Hanno concelebrato più di settanta sacerdoti: nella storia nella Chiesa dello Yunnan è stata la Missa concelebrata più partecipata. Il 18 ottobre 2018, a Harbin (Heilongjiang), Yue Fusheng ha ordinato cinque diaconi: cinquantatré sacerdoti hanno potuto concelebrare senza preoccupazioni o timori. È stata la prima volta che così tanti sacerdoti sono stati presenti a una celebrazione liturgica presieduta da Yue Fusheng. Il 18 dicembre 2018, più di duecento sacerdoti e laici hanno partecipato a una Conferenza cattolica nazionale a Nanchino. Tutti i sacerdoti hanno concelebrato l’eucaristia presieduta da Ma Yinglin: è stata la prima volta da decenni che, in un incontro nazionale, tutto il clero presente ha partecipato volontariamente a una Messa concelebrata.
Chi conosce la storia delle divisioni tra vescovi legittimi e illegittimi sa quanto importanti siano state queste novità. Ci sono stati diversi cambiamenti positivi anche nei rapporti tra le comunità 'ufficiali' e 'clandestine'. In una diocesi, le due comunità hanno smesso di combattersi e in alcune occasioni ci sono state concelebrazioni comuni, altrove si sono sviluppate iniziative di cooperazione per promuovere l’unità. La piena comunione richiederà ancora anni, ma la fase iniziale della riconciliazione è già stata realizzata. Uno dei più gravi problemi della Chiesa in Cina è certamente quello dei vescovi ordinati segretamente ('clandestini'). Dalla firma dell’Accordo ne sono già stati riconosciuti pubblicamente sette. Negli ultimi due anni sono state celebrate le cerimonie di inaugurazione di Pietro Jin Lugang, coadiutore di Nanyang (Henan), il 30 gennaio 2019; Pietro Lin Jiashan, Fuzhou (Fujian), il 9 giugno 2020; Pietro Li Huiyuan di Fengxiang (Shaanxi), il 22 giugno 2020; Paolo Ma Cunguo di Shuozhou (Shanxi) il 9 luglio 2020; Saverio Jin Yangke (Zhejiang), il 18 agosto 2020. Inoltre, il 22 gennaio 2019 si è celebrata la cerimonia di pensionamento del vescovo Pietro Zhuang Jianjian di Shantou (Guangdong), e il 18 aprile 2019, il vescovo ausiliare di Mindong (Fujian), Vincenzo Guo Xijin, ha partecipato alla Messa Crismale del Giovedì Santo, presieduta dal Vescovo Vincenzo Zhan Silu.
Prima dell’Accordo, tutti i riconoscimenti dei vescovi 'clandestini' hanno causato grandi preoccupazioni sia alla Santa Sede sia alle autorità cinesi. I modi del riconoscimento variavano da caso a caso, ma erano comunque molto diversi da quelli attuali. Alcuni, come il vescovo Chen Bolu (1989), hanno dovuto sottoporsi a una 'ordinazione episcopale condizionale'. Altri sono stati fatti concelebrare con vescovi rappresentativi dell’Associazione Patriottica e della Conferenza dei vescovi cinesi, come An Shuxin di Baoding (2010), Zhu Weifang di Wenzhou (2011), Wu Qinjing di Zhouzhi (2015), Han Zhihai di Lanzhou (2017) e Sun Jigen di Handan (2017). Tutte queste cerimonie si sono svolte in un clima teso e in alcuni casi si sono verificati episodi dolorosi. Invece, come si è visto, dopo l’Accordo si è passati attraverso liturgie di inaugurazione dell’episcopato o altre celebrazioni pubbliche serene e senza problemi. Alcuni vescovi hanno compiuto sacrifici generosi per il bene delle loro diocesi e dell’intera Chiesa in Cina. Da parte delle autorità c’è stata una certa flessibilità nello sforzo di risolvere le difficoltà. Ma ora, questi riconoscimenti hanno gettato le basi per una riconciliazione definitiva e hanno portato grande speranza anche per la comunione in altre diocesi e in tutta la Chiesa in Cina.
Come è noto, per molti anni i nuovi vescovi sono stato nominati in molti modi diversi. Ma qualsiasi soluzione unilaterale costringeva alla fine a pagare un prezzo pesante. A seguito dell’Accordo, i nuovi vescovi possono finalmente ricevere ordinazioni che nessuno mette in discussione, con l’approvazione del Papa e il riconoscimento delle autorità. Il 26 agosto 2019, An- tonio Yao Shun è stato consacrato a Ulanqab, Mongolia Interna e quattro vescovi con un centinaio di sacerdoti hanno partecipato a una solenne e pacifica celebrazione. Appena due giorni dopo, il 28 agosto 2019, Stefano Xu Hongwei è stato ordinato vescovo coadiutore della diocesi di Hanzhong, Shaanxi. La liturgia dell’ordinazione è stata concelebrata da otto vescovi e più di ottanta sacerdoti in gioia e armonia. In entrambe le occasioni, la Conferenza episcopale (non riconosciuta da Roma) ha dichiarato esplicitamente che «il candidato è stato approvato dal Papa». La versione inglese del 'Global Times', quotidiano ufficioso di Pechino, riferendo di Antonio Yao, ha confermato che il mandato papale è stato riconosciuto pubblicamente durante la cerimonia. Per le Chiese fuori della Cina, può sembrare scontato. Per la Chiesa cattolica in Cina, è invece molto significativo ed è stato molto difficile da ottenere.
Due anni fa, sotto forte pressione, rischiando malintesi e critiche, il Papa, il Segretario di Stato e il gruppo di lavoro con grande determinazione hanno compiuto questa scelta. Sono seguite diverse voci contrarie al dialogo sino-vaticano. Tuttavia, benché non tutto sia andato bene e molti problemi siano ancora da risolvere, è ora molto più difficile criticare l’Accordo o attaccare la Santa Sede per averlo firmato. In questi due anni, sono stati affrontati con pazienza e successo alcuni difficili problemi storici, tra i quali il riconoscimento dei vescovi ordinati segretamente è il più emblematico. Sono personalmente convinto che l’Accordo passerà alla storia come una pietra miliare. Oggi, come cattolici cinesi, vorremmo condividere con la Chiesa universale i positivi cambiamenti apportati dall’Accordo. Vorremmo anche invitare tutti i fedeli nel mondo, a pregare per la Chiesa in Cina, a fungere da ponte per scambi amichevoli tra la Cina e il mondo e a svolgere il ruolo di pacificazione. Ci auguriamo sinceramente e preghiamo che l’Accordo venga rinnovato, poiché ciò è nell’interesse di 1,4 miliardi di cinesi e 1,3 miliardi di cattolici nel mondo. Preghiamo anche che la Santa Sede e la Cina continuino il loro impegno nel dialogo, per superare le difficoltà nei negoziati. Solo in questo modo la Chiesa in Cina potrà trovare un vero aiuto nel suo sforzo di risolvere i problemi storici ancora aperti.