Opinioni

Il direttore risponde. C'è anche una giustizia che ridona cura e forza a chi lotta col male

lunedì 28 luglio 2014
Gentile direttore,
lo scorso primo luglio mi ha riservato la gentilezza di pubblicare la lettera in cui denunciavo ciò che accadeva alla mia cara moglie: in cura, per un adenocarcinoma del polmone, presso l’ospedale Sant’Andrea di Roma si era vista prescrivere un farmaco "salvavita", a detta del primario, e che tuttavia né il nosocomio, né l’Asl di competenza le avevano poi dispensato, perché off-label (cioè non conforme alle attuali autorizzazioni tecniche ministeriali ndr). Ancora non trovo le parole per ringraziare lei, e il suo giornale, per l’attenzione che ci avete riservato e per le parole di solidarietà nel commento a quella lettera. È infatti con la più grande gioia e soddisfazione che le comunico che il Tribunale di Civitavecchia ha emesso una sentenza atta ad assicurare la tutela del diritto alla salute e alla vita di mia moglie: è stata così disposta la somministrazione del farmaco, con spese a carico del Servizio sanitario nazionale. Incontrare, nel momento del bisogno, persone come voi (la giornalista Viviana Daloiso, che mi ha pazientemente ascoltato anche in qualche farneticazione, e lei, che si è preso il tempo di valutare e soppesare il mio caso) è davvero un dono del Signore. Resta il dispiacere che un cittadino e una famiglia già logorati dal dramma di una gravissima malattia – e nel mio caso dagli inclementi acciacchi della vecchiaia – debbano lottare e ricorrere a ogni mezzo lecito per veder riconosciuto un diritto che spetta loro in modo pacifico e indiscutibile. È la nostra Italia, per fortuna fatta anche di comunità attente e sensibili alle buone cause, come quella di Avvenire. Grazie ancora e ogni bene per voi tutti.
                                                Gaetano Minasi, Ladispoli (Roma)Sento, caro signor Minasi, di dover essere io a ringraziare lei e non solo per il modo con cui dimostra di apprezzare il lavoro dei miei colleghi e mio, ma per lo stile con cui ha affrontato questa battaglia e la tenacia con cui l’ha condotta, da cittadino che chiede e ottiene giustizia con la forza delle buone ragioni. Grazie a Dio c’è stato un giudice, a Civitavecchia. Un buon giudice. E questa sentenza ha assicurato a sua moglie la cura (attraverso un assai costoso farmaco) che le era stata prescritta in una struttura sanitaria pubblica e che, per un cavillo normativo (uno dei tanti che ancora impacciano e funestano le vite di troppi italiani), la stessa Sanità le negava. Comprendo e condivido la sua amarezza per una ulteriore e sconcertante "lotta" di cui avrebbe volentieri fatto a meno. Ma sono davvero sollevato e rincuorato da questo esito, che è frutto del suo impegno, gentile amico, e che noi di "Avvenire" siamo felici di aver potuto e saputo accompagnare con il nostro sostegno morale. Sono sicuro che sollievo e speranza sono anche i sentimenti con i quali in questo momento sono accanto a sua moglie e a lei tutti gli amici lettori (parte integrante e decisiva della nostra «comunità» di lavoro e di valori, che ci aiutano in molti modi a mantenere, proprio come lei dice, «attenta e sensibile alle buone cause»). Il Signore conceda alla sua sposa e a lei tutta l’energia di cui avete bisogno in questa prova, e che gli uomini non congiurino più a farvela spendere per affrontare una sofferenza aggiuntiva. Mi permetta un fraterno abbraccio.