Altra energia contro la guerra. Anche il sole è l'antidoto
La tragedia ucraina tocca i nostri sentimenti e i nostri pensieri. In una prospettiva storica e geopolitica, possiamo però già trarre lezioni utili per provare a guardare lontano e contribuire alla prevenzione di altre guerre. I conflitti futuri – dicono gli studiosi – saranno sempre più per le risorse: combustibili, minerali, idriche, aree costiere, fondali marini, terre fertili.
Questo vale anche per conflitti in cui i fattori nazionalistici, culturali o religiosi sembrano – sembrano! – l’unico movente. Se in questo secolo l’umanità continuerà a muoversi verso il superamento dei 'confini ecologici planetari' ('planetary boundaries', Rockstrom, 2009) i conflitti per le risorse ci colpiranno molto prima di quanto faranno gli sconvolgimenti ecologici. È per questo che una profonda conversione ecologica è urgente per preservare non solo la natura, ma anche la pace.
'Politica dell’energia è politica della pace', è questa la verità da riaffermare. E proprio ora, mentre gli armamenti russi, finanziati dai cespiti dell’esportazione di combustibili fossili, stanno martoriando l’Ucraina. 'Politica dell’energia è politica della pace' non è frase retorica. Essa infatti fu il motto di Hermann Scheer, il politico tedesco che più fece per l’avvento di una 'civiltà solare'. Scheer non veniva dalla scena ecologica. Fu militare, studiò diritto, economia, scienze sociali e politiche.
Fu parlamentare e stretto collaboratore di Willy Brandt, che avrebbe voluto farlo ministro degli Esteri. Un giorno, raccontava, capii che dietro a quasi ogni guerra in realtà ci sono, direttamente o nascoste, le guerre per l’energia. Per millenni si fecero guerre per la terra e i suoi prodotti (fonti di energia per uomini e animali). Oggi la si fa per le energie fossili. Per questo Scheer si impegnò per una 'civiltà solare'. Eurosolar, l’Agenzia europea per l’energia rinnovabile fu una sua creazione. Anche l’Agenzia internazionale per l’energia rinnovabile fu una creazione di Scheer, che riuscì a farla chiamare Irena, per richiamare la dea della pace Irene.
Cosa c’entra la 'civiltà solare' di Scheer con l’invasione dell’Ucraina? Prima lezione di questa tragedia: immaginiamo un’'Europa solare', come essa fu per millenni fino all’avvento del carbone e del petrolio. Praticamente tutta la sua energia tecnica sarebbe fornita dalle diverse forme di energia solare (termico, fotovoltaico, eolico, idroelettrico, biomasse). Non ci sarebbero più importazioni dalla Russia (e da altri Paesi) di quei combustibili fossili che ora rappresentano più della metà delle sue esportazioni e che le permettono di finanziare un enorme apparato militare. Seconda lezione: di fronte a una crisi acuta come quella ucraina è ovviamente impossibile realizzare di colpo una transizione energetica che richiede decenni. Terza lezione: abbiamo avuto mezzo secolo per realizzare quella transizione energetica che oggi ridurrebbe le occasioni di conflitto e di ricatto sulle energie fossili.
Già, da molti decenni sappiamo abbastanza sulla urgente necessità di contrastare il dissesto climatico. Lo dimostrano, per esempio, i rapporti (segreti) sulle minacce del cambiamento climatico realizzati negli anni 80 del Novecento da Shell ed Exxon (grandi industrie petrolifere), che già esponevano con chiarezza ciò che i climatologi hanno approfondito in seguito. Il boom mondiale delle tecnologie per l’energia solare è iniziato da un decennio.
E se lo avessimo iniziato mezzo secolo fa? Proprio nel 2022 ricorre il cinquantenario di un anno memorabile, quello della fioritura della consapevolezza eco-sociale dell’umanità. Mai come nel 1972, furono poste tante pietre miliari per l’avvio di una transizione eco-sociale. In quell’anno, infatti, fu pubblicato lo studio per il Club di Roma The limits to growth (I limiti alla crescita) di Donella Meadows e altri. Tradotto in decine di lingue e venduto in decine di milioni di esemplari, lo studio contribuì al risveglio delle scienze e delle coscienze sull’impossibilità di raddoppiare a oltranza tutto ciò che fabbrichiamo.
Nello stesso anno si svolse a Stoccolma la prima Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente Umano (Unche), seguita da altri due summit mondiali eco-sociali dell’Onu: nel 1992 a Rio de Janeiro (Uncsd) e nel 2012 a Città del Capo (Rio +20). Nel 1972, furono creati il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, Unep e i primi Ministeri dell’Ambiente, oggi duecento. Furono fondati i primi Partiti Verdi, oggi cento.
Fu fondata Greenpeace, oggi la più grande associazione eco- sociale del mondo. In mezzo secolo, che cosa ha ottenuto quello slancio riformatore? Le statistiche parlano chiaro: al di là di alcuni progressi locali nei Paesi ricchi, da cinquant’anni il degrado planetario accelera, come indica l’avvicinamento dell’umanità ai nove 'confini planetari'. Questo vuol dire che la transizione ecologica che potevamo fare in cinquant’anni ora dobbiamo farla molto più in fretta. Questo però è un imperativo che quasi tutti i leader economici e politici sembrano ignorare. E il prezzo di questo ritardo di comprensione e di azione è anche la guerra.