La morte di Castro. L'ambigua eredità del «líder máximo»
Quando i primi sintomi di una malattia invalidante lo costrinsero ad allontanarsi dal potere nel 2007 si pensò che Cuba stesse per oltrepassare l’età della rivoluzione per uscire da quell'orgoglioso isolamento nel quale il regime dei due fratelli Castro l’aveva condannata. Ci sono voluti invece quasi dieci anni perché qualcosa cambiasse davvero: la presenza ingombrante del “lider maximo”, il suo silenzioso condizionamento della vita civile e politica dell’isola mettevano in ombra ogni proposito di cambiamento. Lo stesso Raúl, che sulle prime aveva fatto sperare in una svolta (“el cambio”, profetizzavano i più speranzosi) non andò oltre una vaga concessione verso piccole insignificanti libertà individuali. Con Fidel in vita Cuba rimaneva – nelle sue eccellenze (come un sistema sanitario di prima classe, invidiato e insuperato in tutta l’America Latina) come nelle sue miserie (le carceri cubani sono sempre state affollate di prigionieri politici e neppure le visite di due papi come Giovanni Paolo II e Francesco avevano allentato la morsa del regime sui dissidenti) – sostanzialmente identica a se stessa. Come il cupo demiurgo immaginato da Gabriel García Márquez nel suo L’autunno del patriarca, Fidel Castro incarnava l’ostinata inamovibilità di un sistema che aveva perduto da molto tempo lo slancio rivoluzionario trasformandosi – mercé anche l’insensato embargo tenuto caparbiamente in vita da Washington - in una fortezza assediata. Né possiamo al momento prefigurare la nascita di una nuova classe dirigente capace di guidare l’isola caraibica nel mare del consorzio civile delle nazioni: Fidel e Raúl hanno accuratamente provveduto a soffocare sul nascere ogni possibile erede. Con l’uscita di scena del Jefe, si chiude oggi una pagina gloriosa e drammatica, avvilente ed esaltante, ritagliata a tutto tondo nel Novecento e impossibile da perpetuare nel nuovo millennio. Il dopo-Castro è iniziato già da molti anni, ma la Nuova Cuba ancora non è nata. La transizione sarà ancora lunga.