Opinioni

editoriale. Allarme farmaci contraffatti: business più vasto della coca

Vito Salinaro martedì 20 maggio 2014
​Basta investire 1.000 dollari per guadagnarne 20.000 dal traffico di eroina. Ma se la stessa cifra viene impiegata sul mercato dei farmaci contraffatti, i proventi salgono fino a 400mila dollari. Un business troppo lucroso perché le mafie di tutto il mondo non ci affondassero i propri tentacoli. Tanto che si è ormai registrato uno storico sorpasso: con un giro di affari di 75 miliardi di dollari, i profitti da medicine contraffatte hanno superato quelli della cocaina. Non è difficile constatarlo se si scopre che nel mondo 1 farmaco su 10 è contraffatto e se, nella ricca Europa, i farmaci "taroccati" sono al primo posto nella lista dei prodotti falsi scoperti dalle autorità doganali: prima ancora, cioè, delle sigarette. L’incidenza della contraffazione è ancora bassa nei Paesi industrializzati dotati di normative e sistemi di monitoraggio avanzati, ma il peso della manomissione criminale nel settore arriva sino al 30% in tante nazioni africane, in alcune aree dell’Asia o dell’America Latina e in Paesi con economie emergenti. In generale, comunque, oltre il 50% dei farmaci venduti in Rete (il canale privilegiato per gli acquisti) su siti illegali è contraffatto. Solo nel 2013, l’operazione "Pangea VI", sostenuta da 99 Paesi, ha portato alla chiusura di 13.700 siti web di farmacie illegali. L’allarme è ancora più inquietante perché con l’aumentare della domanda cresce anche il menu dell’offerta: se fino a pochi anni fa i criminali senza scrupoli si "limitavano" a scopiazzare formule, molecole ed involucri di prodotti di automedicazione, oggi la contraffazione interessa ogni area terapeutica. Per intenderci, viaggiano in Rete falsi farmaci per il trattamento di malattie cardiovascolari, anti-ipertensivi, psicofarmaci e persino antitumorali, come dimostrano le indagini sul furto e il riciclaggio dell’Herceptin che, proprio ieri, ha portato i carabinieri del Nas a identificare ulteriori medicinali, alcuni dei quali rubati in Italia (preoccupano i furti negli ospedali e dai Tir), che sarebbero stati contraffatti e reintrodotti con falsi documenti in altri Paesi Ue, grazie alla complicità di 22 grossisti (12 dei quali italiani).
«Ormai si può parlare di un vero racket dei farmaci anti-cancro – avvisa l’oncologo Bruno Daniele, del Collegio italiano dei primari oncologi medici ospedalieri –, ma il fenomeno investe anche i farmaci biologici per malattie reumatologiche e neurologiche, tutti dal costo elevato». Sono contraffatti i farmaci che contengono principi attivi giusti ma nelle dosi sbagliate, quelli che non contengono i principi attivi dichiarati, e i preparati con impurità o sostanze tossiche. Proprio tossicità e sovradosaggio possono condurre alla morte. Il fenomeno, come dichiara il sottosegretario al ministero dello Sviluppo economico, Simona Vicari, investe nel mondo «sia farmaci generici sia di marca» ed è «causa di centinaia di migliaia di decessi all’anno». In un simile contesto, ad essere danneggiate sono ovviamente anche le aziende farmaceutiche. Che corrono ai ripari. Trenta grandi industrie mondiali hanno recentemente siglato una partnership con l’Interpol per realizzare il programma Interpol Pharmaceutical Crime. Il colosso parigino Sanofi, prevedendo rischi e crescita del fenomeno, già nel 2008 ha creato alla periferia della splendida cittadina di Tours, in Francia, il Laboratorio centrale Anti-contraffazione (Lcac), uno dei più avanzati del pianeta, che supporta anche le attività delle agenzie doganali di tutto il mondo attraverso il portale Ipm (Interface public members) dell’Organizzazione mondiale delle dogane. A dirigere il Coordinamento Anticontraffazione del gruppo francese (terza industria globale del farmaco con i suoi 110.000 dipendenti e 33 miliardi di euro di fatturato nel 2013) c’è Caroline Atlani che, con eleganza tutta transalpina, e in un italiano neanche troppo approssimativo – «ho imparato in mia scuola, è una lingua bellissima» – rivela che «la contraffazione è ormai globale. E i rischi non riguardano solo le singole persone ma la collettività, in quanto possono comparire farmaco-resistenze nei trattamenti per le malattie infettive con antibiotici o antimalarici».
Per Atlani, oltre a tutti i danni che possono arrecare all’uomo, i farmaci artefatti «minano la fiducia dei pazienti nei confronti del sistema sanitario, in quanto viene violato il loro legittimo diritto di essere trattati con farmaci di qualità. Vi è dunque un grande problema anche di natura etica perché quando si acquista un farmaco non si può e non si deve aver motivo di pensare che si tratti di un falso». Il lavoro a Tours non manca... «Riceviamo circa 4.000 campioni da analizzare ogni anno. Il numero dei dipendenti qui è più che raddoppiato perché abbiamo richieste di perizie da tutto il mondo, sia da parte delle autorità sanitarie sia da parte delle forze di polizia e delle dogane che ci inviano prodotti sequestrati da esaminare. Aggiorniamo continuamente i nostri strumenti tecnologici affinché riconoscano e correlino i diversi casi». Occorrono investimenti ingenti, formazione continua e quattro fasi distinte di laboratorio per individuare un farmaco falso. A Tours il processo passa dalla tracciabilità, dall’esame della confezione, dall’analisi chimica con tecniche spettroscopiche, e da quella che utilizza tecniche cromatografiche.
Ma le mafie non stanno a guardare. E se è vero che la criminalità riesce ad attraversare tutte le frontiere e che prodotti contraffatti possono essere fabbricati in Cina ed esportati in Gran Bretagna rientrando così nelle catene di distribuzione legale attraverso un grossista o Internet, qual è il livello di sicurezza in Italia? «Il nostro mercato è pari allo 0,1% – dichiara il generale Cosimo Piccinno, comandante del Nas dei Carabinieri –, ma quella italiana è una stima destinata a crescere a causa dell’importazione di principi attivi da altri Paesi. Dal 2012 ad oggi i Nas hanno sequestrato circa 7,5 tonnellate di materie prime farmacologicamente attive provenienti illegalmente da Giappone, Cina, India, Messico e Taiwan». In Italia, ribadisce il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi, «la sicurezza dei controlli trova una garanzia nello stretto rapporto di collaborazione tra Aifa, Agenzia delle Dogane, forze dell’ordine e noi; una collaborazione resa operativa dalla rete Medicrime». Uno strumento, quest’ultimo, che porta il nome della convenzione adottata dal Consiglio d’Europa 4 anni fa, e firmata da 23 Paesi, che ha istituito il reato di contraffazione dei prodotti medicinali. Uno scudo utile e, per ora, efficace. In Italia, rassicura il senatore Andrea Mandelli, presidente della Federazione Ordini farmacisti italiani, «la contraffazione è sotto controllo, ma è necessario non abbassare la guardia. Lo strumento più importante per combatterla? L’informazione».