Al più presto è già tardi. Vaccinare ogni disabile e chi gli è vicino
Dopo mesi di amnesie, distrazioni e sottovalutazioni, ora tutti assicurano che la vaccinazione delle persone fragili deve essere prioritaria. Lo assicura il governo che, colpevolmente, non le aveva inserite nella prima fase, lo assicurano le regioni che solo in piccolissima parte hanno deliberato in tal senso. Fin dai primi giorni abbiamo sottolineato che le urgenze dovevano essere gli anziani e i fragili. Per i primi si è partiti, pur con fatiche e ritardi. Per i fragili ha dominato la confusione, in particolare per i disabili, e ancor di più per chi vive in famiglia. Purtroppo, ancora una volta, la conferma che la disabilità non è tema centrale. Non lo è nella scuola (è una costante di ogni anno scolastico il problema degli insegnanti di sostegno), non lo è nel mondo del lavoro, dove un’occupazione per un disabile è ancora trattata come gentile, e un po’ pietistica, concessione e non come un diritto. Con difficoltà aumentate durante questa pandemia e il lockdown.
Avete mai letto qualcosa sui disabili che hanno perso il lavoro prima dei cosiddetti 'normali'? Purtroppo ci sono stati. Un doppio dramma. A inizio pandemia si è sentito dire che tanto i disabili non contribuiscono al Pil. E allora dimentichiamoli. Tanto sono solo un costo. Tranne poi vederli morire nelle Rsa. Ed è stato quindi giusto inserire queste strutture nella prima fase di vaccinazione. Come abbiamo drammaticamente capito, in questi luoghi basta che arrivi un solo contagiato dall’esterno ed è strage. Ma le persone fragili, i disabili, anche quelli gravi non sono solo in questi istituti. Ancora una volta, e non solo su questo tema, si è completamente dimenticato il ruolo, preziosissimo ma faticosissimo, delle famiglie. Famiglie che accolgono, proteggono, accudiscono, accompagnano tante persone fragili, bambini e adulti, 'brutti anatroccoli' che mai diventeranno cigni ma che come tali sono amati da mamme, papà, fratelli e sorelle.
Ora questi ultimi vengono chiamati 'caregiver', e per loro c’è un sistema di regole che stenta a essere approvato dal Parlamento. Ma anche di loro governo e regioni si sono dimenticati per le vaccinazioni. Mentre il personale delle Rsa è stato o sarà presto vaccinato, per i 'caregiver' familiari resta ancora una grande confusione. Eppure sono loro il contatto dei disabili con l’esterno, soprattutto in questa fase di chiusure, e quindi loro rischiano di portare il virus in casa. Vogliamo mamme e papà con scafandri, guanti e mascherine tutto il giorno? O vogliamo rendere un po’ più facile una vita già difficilissima? Se è difficile vaccinare i disabili più gravi, quelli intrasportabili, si cominci con chi li assiste con amore e impegno.
Non è questione di moltiplicare le sottocategorie, non è questione di 'tu sei più disabile e tu meno'. È giustizia, quella vera. È dignità. È garanzia di un diritto. In questi mesi abbiamo raccolto tante richieste d’aiuto, o almeno di ascolto, da parte di famiglie che già nella vita 'normale' si sentono molto spesso sole e abbandonate. Ora lo sono state ancor di più. Non si tratta di ascoltare una categoria (che brutta parole per i disabili e le loro famiglie!) più di un’altra. Non sono richieste corporative. Corporative sono state ben altre richieste che in tanti modi abbiamo dovuto ascoltare. E che purtroppo sono state ascoltate. C’è chi vive ogni giorno una vita in salita e non merita di dover superare ulteriori ostacoli.
Ma l’aver dimenticato le famiglie non è stato l’unico grave errore di questi mesi nei confronti delle persone fragili. Che ancora una volta sono state trattate solo da un punto di vista clinico. Così, quando ci si è ricordati di loro, è uscito un complicato elenco di patologie prioritarie per la vaccinazione. Corretto scientificamente, non socialmente. È vero che chi ha malattie invalidanti che toccano il sistema respiratorio o immunitario è sicuramente ad alto rischio. Ma lo sono anche disabili apparentemente sani. Abbiamo sentito dire e letto che i ragazzi autistici o con altre disabilità mentali, sono 'ragazzoni robusti'. È vero, anche se non sempre.
Ma come spieghi a questi 'ragazzoni' che devono state a distanza, dopo che per anni hai provato a farli crescere grazie al contatto fisico, agli abbracci? Come gli spieghi che non possono toccare gli oggetti dopo che per anni il toccare è stato parte della terapia? Come gli fai accettare la mascherina? Come gli fai tollerare di restare chiuso in casa, solo coi 'caregiver', perché il centro o la casa famiglia dove tanto stanno bene sono prudenzialmente chiusi? La risposta è con il vaccino. Per farli tornare al più presto a quella loro vita che tentava di essere normale. E al più presto è già tardi.