Il Papa per l’Immacolata. Affidarsi ancora alla Madre nell'incertezza e nella speranza
Nessuno l’aveva annunciato, ma c’era da immaginare che l’avrebbe fatto. Così quando ieri mattina i media vaticani hanno informato che il Papa alle 6.15, in una Roma gelida e ancora addormentata nell’alba del dì di festa, si era già recato a rendere omaggio alla Madonna effigiata sulla colonna in piazza di Spagna non c’è stata una vera sorpresa. Perché lo stesso gesto l’aveva già compiuto un anno fa, sotto la pioggia e meno di un’ora più tardi, col cielo che già rischiarava. E come l’anno passato, Francesco non è arrivato a mani vuote: in mano portava un cesto di rose bianche (quanto è legato il Papa alle rose bianche, devoto com’è a Teresina di Lisieux), deposte ai piedi della colonna con l’espressione di chi sta seguendo quel che gli detta il cuore. Lo stesso ha fatto, poco dopo, rendendo visita alla Salus Populi Romani venerata in Santa Maria Maggiore, dove ha sostato, assorto in un dialogo tutto interiore.
È parso il gesto dolce e affettuoso di un innamorato. E così è, di sicuro, se si pensa anche a come guarda la Madonna mentre bacia il quadro che la raffigura al termine delle celebrazioni in San Pietro, o prega l’Angelus ogni domenica, come a colloquio con qualcuno che ha sempre presente. Sappiamo cos’ha detto ieri a Maria, almeno la parte di cui i canali ufficiali hanno dato comunicazione: le ha chiesto «il miracolo della cura, della guarigione, per i popoli che soffrono duramente per le guerre e la crisi climatica» e quello «della conversione, perché sciolga il cuore di pietra di chi innalza muri per allontanare da sé il dolore degli altri». Un atto strettamente privato dunque, il suo, ma pure universale: ci ha portati tutti con lui, che veglia mentre noi così spesso dormiamo anche quando sarebbe il caso di stare con la coscienza desta.
E allora prega, le rose bianche in mano, affidandoci a Maria, che ama teneramente. Il Papa è così. E noi? E io? Qualche Avemaria non sempre concentratissima, una devozione saltuaria, un cuore svagato... Cosa portiamo di nostro alla Madonna, proprio adesso che l’incertezza ancora grava su questi giorni, che fiducia e speranza vanno a giorni alterni, contendendosi il domani con lo scoramento e la rassegnazione del tornare senza volerlo 'come prima', se non peggio? A volte ci pare come se avessimo smarrito la convinzione di poter cambiare le regole del gioco proprio là dove quasi due anni di crisi hanno mostrato che non andavano per niente bene. Ci eravamo detti – con le parole di Francesco nel memorabile 27 marzo 2020, pieno buio pandemico – che «questo tempo di prova è un tempo di scelta» tra «cosa conta e cosa passa».
Ma oggi sembra tutto incerto, non si sa cosa ci attende, c’è ancora da stare in guardia. E avremmo proprio bisogno di sentirci rassicurati, nel profondo. È per questo che i gesti pubblici di affidamento a Maria compiuti ieri da tanti nostri vescovi un po’ in tutta Italia, con discorsi accorati e partecipi, hanno risuonato in modo tutto speciale dentro una festa popolare come poche (il dogma dell’Immacolata è radicato nella secolare devozione del «santo popolo fedele di Dio», come lo definisce il Concilio). Un giorno dal cuore cristiano, di figli che portano i fiori quando sanno così di far sorridere di gioia la madre.
È lo stesso cuore che stanotte farà accendere alle finestre candele – e magari qualche nuova Lanterna Verde di solidarietà – per illuminare la strada agli angeli in volo da Nazaret con la Santa Casa, destinazione Loreto. Niente di più tenero di questa tradizione antica, che ci introduce alla festa della Vergine lauretana con la chiusura – domani – del 'suo' Giubileo. Ogni giorno, a ben vedere, c’è una rosa fresca che aspetta di essere dedicata.