Caivano. Il bimbo al carabiniere: «Ti conosco, hai arrestato mio papà». E poi lo bacia
Che cosa stesse passando, in quei momenti, nel suo piccolo cuore, non lo sapremo mai. Possiamo, però, capirlo da quel che ne è seguito. È mercoledì mattina. In parrocchia si tiene il campetto estivo. I ragazzini vengono volentieri. Si gioca, si canta, si litiga, s’impara. C’è caldo, aria di allegria, e tanta acqua. Ai poveri non è consentito andare in vacanza. Restano a casa, i più fortunati fanno un salto con i genitori o i nonni alla spiaggia libera più vicina e ritornano la sera. Tra le tante attività programmate dagli animatori, c’è anche un incontro con il capitano dei carabinieri Antonio Maria Cavallo, primo comandante della nuova Compagnia istituita l’anno scorso. Con lui, fin dall’inizio, ci siamo trovati in perfetta sintonia. In un quartiere di periferia, definito una delle più grandi piazze di spaccio d’Europa, la sola repressione non basta, deve essere accompagnata da una forte e continua attività educativa.
Per attrarre a sé, il bene deve essere conosciuto, sedurre. «Con quali occhi vedono i carabinieri i ragazzi del Parco Verde in Caivano?». Questa domanda ce la siamo fatta con estrema serietà. Non sono pochi coloro che li sentono nemici. Sbirri, traditori, che fanno male ai loro papà. Vengono, se li portano via, incuranti delle lacrime dei figli. Per i bambini è un trauma il momento in cui bussano alla porta. « Antonio, dobbiamo spezzare questo giogo angoscioso e falso… », gli dico. Il comandante è d’accordo.
La parrocchia diventa il luogo privilegiato per gli incontri. I ragazzi invitano i carabinieri alle loro festicciole, ai campi estivi. Mercoledì mattina, dunque. Siamo in chiesa, pronti per l’incontro. «Chiamatemi Antonio», chiede il capitano. Ed è un allegro vociare... Antonio… Antonio... E arrivano le domande più disparate: « Perché hai scelto di fare il carabiniere? Sei fidanzato? A scuola andavi bene? Hai anche la pistola?». «Si, ho la pistola ma non la uso mai. Se qualcuno vuole farvi del male arriviamo noi e li mettiamo in fuga… ». Applausi. Confusione. Festa. “Se non diventerete come bambini …” Il ghiaccio è rotto. I bambini hanno capito.
Accade tutto all’improvviso. Uno dei più piccini, accoccolato ai suoi piedi, gli fa cenno di abbassare la testa. Testimone privilegiato, contemplo la scena. Il capitano si china e il piccolo, con un pudore degno di un adulto galantuomo, gli sussurra all’orecchio: «Io ti conosco. Tu sei venuto a casa e hai portato via il mio papà… ».Taccio. Ci guardiamo esterrefatti. «Come ti chiami?». Nome e cognome. Il comandante capisce, lo accarezza, lo prende in braccio. Adriano – lo chiamerò così – si scioglie. Gli getta le braccia al collo. «Adriano, vuoi dare un bacio ad Antonio?», gli chiedo. Si. E gli stampa un bacione sulla barba che gli rimarrà impresso per il resto della vita. C’è confusione. Non tutti gli amici hanno capito ciò che sta accadendo; a sua volta, il piccolo ha fatto in modo che la cosa rimanesse tra loro.
Adriano ha capito che Antonio non è nemico del suo babbo, che, anzi, gli vuole bene, che di lui e degli uomini in divisa si può fidare. I ragazzini sono orgogliosi di essere diventati amici del capitano. Possono andare a salutarlo in caserma quando vogliono; possono invitarlo ai loro compleanni.
Questa mattina, Antonio, abbiamo imparato tanto, tu, io, gli animatori, i tuoi uomini. Abbiamo imparato che dobbiamo metterci in ascolto dei più piccoli se davvero vogliamo incidere nella loro educazione. Che solo prendendoli in braccio, proteggendoli, incoraggiandoli, saremo capaci di leggere e interpretare le paure, le speranze, le gioie che passano nei loro cuori. Corriamo in aiuto dei bambini, teniamoli lontani dal male. Tutti, a cominciare dai genitori. Non lasciamoli soli. Che sappiano che c’è tanta gente che davvero gli vuole bene. Che gli uomini in divisa sono loro veri amici, custodi e sentinelle attenti del vivere civile. E, insieme, continuiamo a seminare, a piene mani, la speranza nei loro cuori. Speranza che, come seme benedetto, a suo tempo, porterà i suoi frutti.