Caro direttore,
per una vita sono stato istintivamente contro i comunisti e quando ho sentito dire una cosa giusta (per me) dal presidente Napolitano, ho pensato, con la malizia dell’età, che fosse facile, sedendo sulla prima poltrona del Paese. Ma con poche delusioni (decreto per salvare Eluana, per esempio), ho dovuto ricredermi. E, quando il Tonino nazionale l’offendeva un giorno sì e un altro pure, mi chiedevo dove fosse la magistratura. In quest’ultimo anno ho apprezzato moltissimo, con un massimo quando ha trovato il modo (fulmineo) di risolvere il problema che ci aveva portato sull’orlo dell’abisso. Ma oggi è stata una doccia fredda quando ho sentito del discorso sulla cittadinanza ai figli degli immigrati nati in Italia: «Negarla è un’autentica follia, un’assurdità». O bella: non m’ero ancora accorto di essere un folle! Certo, si può sbagliare per una vita, un secolo, un millennio ed è giusto correggere l’errore trasmesso di generazione in generazione, ma pensiamoci bene. Da qui a Natale (come vorrebbe qualche ben pensante) passa un mese, solo un mese, cioè un attimo: con tanti problemi veri e importanti, vogliamo abbattere un sistema millenario solo in un mese? Pensiamoci, ma seriamente, non ubriacati da ideologie o, peggio, pensando alle elezioni prossime venture, come usano i politicanti nostrani e una intellighentia
religiosamente autoreferenziale. Oltretutto sono solo due sistemi, ambedue buoni, ch’io sappia. E non c’è da correggere nulla, solo di passare dall’uno all’altro: o jus sanguinis o jus soli.
Mario Grosso, Gallarate (Va)
Caro direttore, condivido pienamente l’auspicio del presidente della Repubblica affinché i bimbi figli di stranieri nati in Italia abbiano la cittadinanza italiana. Ma ancora più pressante è il grido silenzioso dei cinque milioni di bimbi ai quali è stato negato addirittura di nascere grazie alla iniqua legge 194 (così la definirono i vescovi all’indomani della sua promulgazione). Noi cattolici siamo prudenti e peritosi: non è il momento di parlare di queste cose, c’è la crisi. Ma altri non ha scrupolo a porre sul tappeto altri (sia pur giusti) problemi.