Dov’è Dio? Dov’è Dio quando la gente soffre? Dov’è Dio quando i bambini muoiono di fame? Dov’è Dio quando l’innocente grida per il dolore subito? Dov’è Dio nelle catastrofi naturali? Sono queste le domande che spesso rendono le nostre notti un po’ movimentate, che offuscano i nostri pensieri quando facciamo esperienza del dolore del mondo, le domande a cui non sembriamo in grado di dare una risposta. Dov’è Dio? È questo l’interrogativo che ha attraversato la mente di molti di noi in quella fredda notte di inizio aprile quando, alle 3,32, a L’Aquila e dintorni, la terra ha tremato. Dov’eri, Dio? Questa domanda mi è ritornata alla mente durante la settimana di servizio nelle zone devastate dal terremoto alla vista di gente disperata, palazzi crollati, edifici disabitati. Quasi "per caso" mi ritrovo a prestare servizio con i giovani di Legambiente e i soprintendenti del Ministero dei Beni culturali impegnati nel recupero dei beni artistici e di rilevanza culturale nelle chiese e nei palazzi dell’Aquilano. Che strano! Cosa c’entro io, che di storia dell’arte e beni culturali non capisco granché? Ma è vero che non ci sono coincidenze, ma provvidenze. Così quella mattina giunto ad Onna, la domanda che mi ronza nelle orecchie in quei giorni si fa sempre più pressante.Dov’è Dio? Dov’è? Qui ad Onna è rimasto veramente poco. Macerie e silenzio ovunque. Lì in chiesa ci sono le ultime suppellettili da recuperare. Tiriamo fuori qualche tavolo, il confessionale, frammenti interessanti. Ma non solo. Finché mi accorgo che i Vigili del fuoco, in quella chiesa sventrata dalla forza del terremoto, sfidando l’altezza delle macerie, cercano ancora qualcosa... direi qualcuno. Da quattro mesi e un giorno sta sepolto lì sotto le macerie: Gesù Eucarestia dentro il tabernacolo. Quasi non ci credo quando me lo dicono e spero e prego che Gesù venga ritrovato. Così quando ormai il sole sta per calare la pala del vigile si arresta improvvisamente. Chiamano, c’è qualcosa. E da quelle macerie fredde e informi promana un alito di vita e speranza: è il Cristo riposto in quel tabernacolo all’apparenza fragile eppure rimasto "illeso" dopo la furia del terremoto. Non credevo ai miei occhi e ringraziavo Dio di avermi fatto testimone di quel ritrovamento. Non ho avuto neanche il tempo di gioire che nella mia mente si è materializzata la risposta a quella domanda che da tempo mi angosciava. Dov’è Dio? Adesso posso rispondere. Eccolo Dio, sepolto sotto le macerie silenziose e pesanti. Eccolo il Cristo, anche lui terremotato, condividere fino in fondo la sofferenza della gente terremotata. Quel Cristo che dopo quattro mesi esce per ultimo è il segno di speranza che tutti aspettiamo. È il segno di un Dio con noi. E se pure ce ne fosse bisogno, abbiamo anche le prove in quelle macerie che forse lo hanno nascosto ai nostri occhi ma non hanno minato la sua presenza viva e vera. Adesso il tuo posto diventa la tendopoli, insieme alla gente che soffre... Che il Cristo, terremotato anche lui, possa sostenere gli sforzi di rinascita della gente, possa ridonare speranza a chi ha il cuore ferito. Grazie Gesù perché sei vicino a chi soffre. Grazie Gesù, perché sei terremotato anche tu.